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Il ritorno dell’ozaena – di Gianfranco Soldati

La noma è una malattia infantile della cavità orale, una stomatite cancrenosa che distrugge le guance, lasciando, se si guarisce, completamente scoperta la bocca. Orribile. Dall’Europa è scomparsa già nel 19simo secolo, sussiste negli assembramenti umani spropositati e miserabili di regioni orientali. La difterite è una malattia delle vie aeree superiori, ha riempito i cimiteri di bambini, è praticamente scomparsa dall’Europa nel 20simo secolo, dopo l’introduzione della vaccinazione obbligatoria. E saltuariamente riapparsa nell’ex impero sovietico dopo la sua caduta, per cessazione delle vaccinazioni in quegli anni turbolenti. I vecchi medici la diagnosticavano entrando nella camera del paziente, per un particolarissimo odore dolciastro dovuto alla malattia. In 61 anni di studio e professione, anche in ospedali universitari pediatrici, non ne ho mai visto un caso. Solo ho conosciuto pazienti che ne erano guariti, per le lesioni paralitiche in gola che la malattia lasciava come ricordo.

L’ozaena è un’orribile malattia del naso, caratterizzata da un odore nauseabondo fino al vomito,  percettibile a decine di metri di distanza, che  allontana tutte le persone circostanti, isolando così il poveretto colpito dal morbo dal resto del mondo. L’ozaena è un’affezione puramente somatica, che colpisce cioè solo il corpo, ma che ha anche gravi conseguenze sulla psiche del paziente. Ne ho visto solo 4 casi al tempo della specializzazione, tutti provenienti dalle valli alpine più isolate di oltre Gottardo o dal Toggenburgo, il perché non lo so. Doverli prendere in cura era una tortura, resa sopportabile solo dall’abnegazione professionale. E` praticamente scomparsa dall’Europa, solo casi sporadici sono segnalati nella parte sudorientale del continente.

In piena diffusione è invece una nuova malattia, la “Rhinitis superlabialis”, volgarmente detta “puzza sotto il naso” per il profumo psicologico, sgradevole fino a diventare opprimente che emana (da qui il titolo di questo mio breve commento), apparentandola così all’ozaena di cui ho appena detto. Se ne distingue per essere una malattia della psiche, senza conseguenze somatiche, di pura competenza dello psichiatra, per terapie senza garanzia di successo. Colpisce soprattutto, direi quasi esclusivamente, i politici che si autoproclamano progressisti e i loro reggicoda degli organi di informazione, con particolare intensità nei media elettronici di parastato. Nel caso poi dei sostenitori a spada tratta di un’UE sempre più traballante sotto i colpi della realtà si può adesso dire che si tratta di una pandemia.

I risultati delle elezioni europee del 25 maggio hanno scatenato vera e propria recrudescenza del morbo, con una grandine di accuse di “populismo” e di “nazionalismo antistorico e regressivo”. E ancora, si badi bene, quando gli affetti e infetti da questo morbo “sottonasale” parlano di populismo, è perché sono persone bene educate, di indole tollerante e cortese. In realtà pensano e sono convinte che si tratta di quella parte di persone della società civile che una volta venivano definite, con termine precursore del buonismo dell’odierno “diversamente abili”, come “minus habens”. Strana genìa, questi populisti, che da deficienti si possono istantaneamente trasformare in persone non dirò intelligenti, ma normali e assolutamente non deprecabili: basta che votino come vogliono o almeno desiderano gli ammalati di “Rhinitis superlabialis”. Oppure, ed è la seconda e sola altra possibilità di  riabilitazione sociale che viene concessa ai poveri populisti, tra i quali mi colloco con orgoglio e fierezza, quando mettono in pratica, come hanno fatto nella repubblica vicina e una volta amica, i praticanti del loro sport nazionale: non il volteggio al cavallo, ma il salto sul carro. Nei tempi andati, il salto sul carro era stato imposto, passato il tempo della gloria imperiale romana, dalle condizioni di sudditanza a una miriade di satrapi del tipo “duca di Mantova”.

Scomparsa la necessità esistenziale, l’esercizio è rimasto in auge come manifestazione paradigmatica dell’italica furbizia. Il concetto di democrazia come possibilità di discussione e dibattito di tutti e non solo dei presunti, autoproclamatisi e autoreferenziali progressisti filoeuropei nei loro ossuti crani non entra. Anche la visione di quelli che potrei tranquillamente chiamare i cocci del vasellame europeo o le macerie del castello (sulla sabbia) non basta per  insinuare il minimo dubbio nella granitica certezza di essere i detentori monopolistici della “giusta” progettualità politica. Confesso di essere anch’io detentore e propugnatore di una “certezza”, che è questa: compito primo di ogni essere umano (non “persona umana”, come ho letto recentemente in un libro scritto da un comunista che insegna a Lugano. Il concetto di umanità è implicito nel termine “persona”, a meno che lo si voglia distinguere da quello delle persone animali o bestiali) è quello di difendere la propria dignità, possibile solo con il mantenimento di un massimo di individuale libertà, a sua volta concesso  solo nelle piccole nazioni con un massimo di democrazia diretta. L’internazionalismo, necessariamente congiunto all’antinazionalismo, dal punto di vista della difesa della dignità di ogni essere umano, che è come dire dell’umanità, è una cosa forsennata. A nessuno, neanche ai presuntuosi ”subrinitici cronici” è concesso  il voler imporre ad altri le proprie visioni, buone, utopiche, fallaci o cattive che siano. Il termine “populista”, così come è inteso dai “migliori che si pensano più migliori degli altri”, è chiaramente offensivo oltre che discriminatorio, non privo di un vago sentore razzistico.

Gianfranco Soldati, presidente onorario UDC

(ripreso dal Corriere del Ticino)

Relatore

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