L’inno è una forma lirica con la quale si loda una divinità: da qui lo stilema “inneggiare agli dei”. Il ditirambo è un’altra forma lirica corale, pure di origine antica greca, con la quale si cantavano le lodi di Dionisio, Bacco per i romani. La nenia è un canto funebre, che non ha niente a che fare con il nostro Nenad, che per fortuna è vivo e vegeto e scrive.
Per esempio, sul CdT del 15 maggio 2014, de “Il coraggio di essere europei”, un coraggio che non mi sembra più tanto in voga, nella patria del mitico (o storico?) Arnold von Winkelried, ma che al nostro eroe non fa certo difetto. Lo dice, anzi scrive, senza giri di parole: “abbiamo e avremo il coraggio di batterci per le nostre idee, per una Svizzera sulla via europea”. E precisa ulteriormente: “non per cieca ideologia (n.d.a.: ma non si deve dire, in nome della political correctness, ipovedente?). No, ha ragione lui, ipovedente ideologia suona strano), ma perché convinti che questo sia nell’interesse di quelle cittadine e quei cittadini (ancora n.d.a: “quei cittadini” poteva bastare, ma le gladiatrici dell’uguaglianza nostrane sono notoriamente suscettibili, permalose e vendicattive con 2 “t”, farsele nemiche potrebbe costar caro) che contrariamente a Blocher non sono né miliardari né milionari”. Capita l’antifona?
Oltre alla disponibilità a battersi con coraggio Nenad può contare sul sostegno incondizionato del NUMES, un movimento fondato anni fa con lo scopo statutario, per dirla con il linguaggio di un altro euroturbo, il compianto (per altri versi simpatico e efficacissimo) consigliere federale Pascal Délamuraz, di condurci nelle vigne… stavo per scrivere del Signore, no, dell’Europa. Nel suo articolo Nenad ci informa che il NUMES è vice-presieduto da anni da un ticinese più noto al pubblico per il suo stakanovismo congenito che per questa carica, appena riconfermata. E lascia trapelare una notizia riservata e sorprendente quant’altre mai: l’associazione può contare su una crescita dei suoi membri del 10% proprio nei 3 mesi trascorsi dalla oramai celebre votazione del 9 febbraio. Un 10% al quale credo ciecamente (o devo dire ipovedentemente?). Si tratta però di sapere, e questo il Nenad lo tace pudicamente, quanti sono i soci. Centomila? Allora l’aumento è di 10.000 soci, una cifra impressionante, dietro si potrebbe nascondere una losca manovra di Blocher. Dieci? Allora l’aumento sarebbe di un socio, correttamente quantificato da Nenad in un 10%. In questo caso però escluderei un intrigo di Blocher: un miliardario non si disturba per acquisire un miserrimo socio, al massimo delega in aiuto una sua fantesca, o l’autista se è richiesta la livrea.
Io, tonto e lento di comprendonio, non capivo perché il buon Nenad, da sempre autoproclamatosi europeista di ferro, dal sicuro retroterra balcanico avesse scelto proprio la piccola Svizzera come porto di destinazione delle sue libere peregrinazioni quando aveva a disposizione l’immensità degli Stati dell’UE che lo avrebbero accolto a braccia aperte. Adesso ho capito: per stimolarci e aiutarci a trovare “il coraggio di essere europei”. Ha rinunciato a diventare europeo lui per aiutare noi a farlo. “Quis es homo qui non fleret, tantam humanitatem si videret?”. Chi è l’uomo che non si metterebbe a piangere (caragnare suona meglio, ma è troppo dialettale) alla vista di cotanto altruismo? Non sono parole mie, le ha scritte circa 730 anni fa Jacopone da Todi, quasi presagendo lo sbarco di Nenad sulle rive del Ceresio.
Gianfranco Soldati