Carlo Vivaldi-Forti – psicologo, politologo, sociologo, saggista – ci manda questo intenso e impietoso pezzo, che ci piacerebbe denominare “Risse italiane di ordinaria follia”
Il 24 aprile scorso è apparso sul Corriere della Sera un fondo di Ernesto Galli della Loggia dal titolo La diaspora della Destra , non certo lusinghiero per questa parte politica. A commento, il giorno successivo ne ha scritto un altro Alessandro Sallusti su il Giornale , in cui definisce l’autore del precedente un cretino della peggiore specie, comunista fallito e frustrato, salottiero, al soldo di don Verzé negli anni d’oro del San Raffaele, convinto di essere un vate della politica, in realtà un pallone gonfiato.
L’episodio non meriterebbe , in linea di principio, neppure un commento. Condivido infatti con Sallusti una naturale antipatia per tutti gli intellettualoidi radical-chic, che cianciano di sfruttamento del proletariato nei salotti alto-borghesi, in occasione di premi letterari fasulli o nei festival dove si spacciano per capolavori pellicole destinate all’immondizia, come dimostrano incontestabilmente le chiusure a catena fin delle più prestigiose e storiche sale cinematografiche di tutta Italia. Ciò doverosamente precisato, ritengo invece utile condurre un’analisi critica dello scritto di Galli della Loggia, che pur in mezzo a gratuiti insulti e a spaventose banalità , tipici del culturame marxista-leninista, sfiora taluni problemi reali su cui gli ambienti di destra dovrebbero riflettere.
L’ineffabile professore inizia osservando che non si è mai vista una maggioranza così ampia come quella che ha avuto la Destra, e tuttavia con risultati così miseri. A suo parere, le divisioni che l’hanno afflitta , i problemi giudiziari di Berlusconi, il sordo contrasto dei poteri forti hanno certamente contato, ma non sono stati decisivi. Il preteso fallimento della destra di governo sarebbe da ricercare piuttosto in un limite dei ceti che ad essa fanno riferimento, vale a dire una certa borghesia piccola e media lontana dalla cultura, una classe tecnica e imprenditoriale che non esprimono autentica vocazione politica e non producono personalità di rilievo. Egli le descrive troppo legate alle proprie occupazioni e professioni, troppo immerse nelle proprie attività economiche e commerciali, troppo prese dal proprio privato. Subito dopo snocciola una serie di insulti di pessimo gusto contro specifici esponenti di destra, che neppure mi sento di ripetere, in quanto odiosi e ingiustificati. Tuttavia, pur in mezzo a simile letame intellettualoide, qualcosa di sensato lo afferma, rilevando che , in generale, questo schieramento si presenta senza idee e senza autentica visione.
Galli della Loggia pone qui un problema reale con cui non soltanto la destra, ma l’intera politica italiana dovrebbe confrontarsi. Certo, sarebbe fin troppo facile rinviare tale accusa al mittente, replicando che se Atene piange, Sparta non ride. Infatti, i ripetuti insuccessi della sinistra di governo, sia nella Prima che nella Seconda Repubblica, non appaiono né meno gravi, né inferiori per numero a quelli della destra. Ciò corrisponde semplicemente alla verità storica, e chi lo negasse compierebbe un atto di pura disinformazione. Questo, però, non può certo tranquillizzarci, al contrario. Il fatto che nessun partito, tra quelli rappresentati in Parlamento, sia dotato di un bagaglio culturale degno di questo nome e di un progetto politico per il futuro, costituisce una gravissima ipoteca sul nostro avvenire e su quello della nostra democrazia.
Mi vedo quindi costretto, in proposito, a ricordare i numerosi scritti da me dedicati alla necessità che la politica si ponga seriamente il problema di elaborare un nuovo modello di sviluppo, coerente nei suoi diversi aspetti, in grado di ridare speranza e dignità di cittadini a sudditi demoralizzati e privi di prospettive, in particolare a quei ceti produttivi i quali, come osserva Galli della Loggia, appaiono distaccati dal sociale e immersi nel privato. Tale fenomeno, tuttavia, non è la conseguenza di una loro presunta insensibilità ai problemi di tutti, ma della profonda sfiducia nelle pubbliche istituzioni, sempre meno rappresentative del bene comune e sempre più dominate da lobby, camarille e organizzazioni criminali che di esse si servono all’esclusivo scopo di tutelare i propri interessi di bottega.
Il vero problema del nostro tempo, di cui l’autore non fa cenno, è la profonda corruzione che devasta l’intero corpo del Paese, alla quale la classe politica non soltanto non si oppone, ma si adegua spesso e volentieri dando vita allo scambio di favori illegali fra governati e governanti, la peste che mina le fondamenta di ogni democrazia e spalanca la porta alla tirannide, come Socrate, Platone e Aristotele autorevolmente insegnano. Tale degenerazione riguarda in misura assolutamente paritetica tutte le forze politiche in campo, di destra, di centro e di sinistra. Gli scandali finanziari che quotidianamente scoppiano coinvolgono in modo trasversale rappresentanti del popolo di qualsiasi tendenza.
Ebbene, di fronte al disfacimento della società, i partiti, e quindi anche quelli di destra, portano la gravissima responsabilità di non reagire adeguatamente, di non chiedersi quali siano le cause alla base di questo fenomeno degenerativo, di cosa bisognerebbe fare per arrestarlo, o almeno per provarci. I vari programmi elettorali suonano oggi come rimedi assolutamente ridicoli per combattere questo male devastante, aspirine con cui si tenta di curare una polmonite doppia, o , più volgarmente parlando, pecette sul sedere per sanare le piaghe da decubito. Fa davvero pena vedere i politici affannarsi a cercare pochi milioni di copertura per questo o quel provvedimento ritenuto indispensabile, quando l’apparato pubblico è una sola, immensa fornace che divora qualcosa come 800 miliardi l’anno, anche se l’importo reale dello spreco e del ladrocinio nessuno lo conosce davvero, non esistendo libri contabili in cui esso venga registrato.
Così pure, quando questi emeriti bischeri, (l’uso della parolaccia fiorentina in epoca renziana è puramente casuale), sproloquiano sulla spaventosa immoralità dell’evasione fiscale, rivelano in modo ancor più lapalissiano la loro stupidità e immensa malafede. Infatti, non soltanto le cifre che essi danno , ( cento, duecento, trecento miliardi?), sono frutto della loro fantasia malata, in quanto nessuno è in grado di quantificarle con esattezza, ma si dimenticano di aggiungere che se oggi in Italia non è ancora scoppiata la rivoluzione, e le loro teste vuote non sono già rotolate sotto la ghigliottina in Piazza del Popolo, ciò si deve proprio a quel circolante nero che , malgrado le vessazioni poliziesche di questo regime socialcapitalista d’accatto, continua ad esistere. Se l’esercito dei disoccupati, o di coloro che percepiscono stipendi di poche centinaia di Euro, non ha ancora mozzato il cranio di funzionari pubblici , politici e compagni, che incassano mille volte di più, dipende dal fatto che molti di loro riescono a sopravvivere con lavoretti non dichiarati, prestazioni occasionali e simili!
I geni incompresi dei nostri politici vorrebbero perciò azzerare questa estrema valvola di sfogo, al fine di fagocitare nei loro sporchi affari anche quei pochi soldi residui, e non certo le centinaia di miliardi di cui parlano? Benissimo, se la vedranno allora con un’armata di forconi inferociti, di padri di famiglia affamati e di giovani senza domani! Mi piacerà osservarli, chiusi nei loro palazzi come Nerone all’ultimo atto, quando strilleranno a guisa di suini al macello , invocando una pietà che non riceveranno.
Ecco, questi sono i veri problemi che tutte le forze politiche responsabili, e quindi anche la destra , dovrebbero affrontare concretamente, sistematicamente e scientificamente, elaborando quella nuova visione , della cui mancanza si lamenta Galli della Loggia. Se egli è in buona fede, rivolga ai suoi compagni di sinistra le stesse critiche che ho rivolto io , e non soltanto in questo articolo, ai miei amici di destra . Altrimenti, si qualifica da solo un cembalo che emette vuoti suoni!
Carlo Vivaldi-Forti
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Galli della Loggia, chiamato anche, a giusta ragione, Pollo del Poggio. Ho scritto tempo fa che la scoperta, anno per anno, di 3 o 4000 evasori fiscali totali è la prova evidente e inconfutabile che la struttura istituzionale più corrotta d'Italia è la Guardia di Finanza, quella che dovrebbe essere in prima linea a combattere la corruzione. Evasori totali: personaggi ricchi o ricchissimi che per anni sono sfuggiti al fisco e non hanno pagato una lira! Con il beneplacito di chi? Delle autorità preposte al controllo, è la sola spiegazione plausibile.