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Timeo Danaos et dona ferentes – Attenti a quel cavallo di Troia! – di Paolo Pamini

Per il cittadino svizzero, il menu offerto dalle votazioni del 18 maggio è molto ricco, tanto da non saper più dove guardare. Tre oggetti in votazione (uno federale e due cantonali) in particolare hanno importanti conseguenze sull’economia e sulle finanze pubbliche.

Il primo oggetto è l’introduzione di un salario minimo federale pari a 22 CHF/h, equivalente a 4’004 CHF mensili nel caso di 52 settimane da 42 ore. Se c’è una cosa che sorprende, è la capacità di seduzione di quest’idea malgrado più di un secolo di fallimenti. Tanto che la scienza economica continua tutt’oggi ad approfondirne lo studio delle conseguenze. In poche parole, il salario minimo è un muro che ogni lavoratore deve saper saltar via se intende essere assunto. L’altezza del muro è il salario minimo, quella del salto è la produttività del lavoratore. Se il lavoratore già salta alto, allora la misura politica è inutile; al contrario, chi salta basso si schianta e non viene assunto.

Il salario minimo è pertanto il primo nemico proprio di chi dovrebbe proteggere, ossia chi non ha un’alta produttività, tipicamente giovani alle prime armi e persone poco formate, un tempo spesso stranieri o donne. È logico che il datore di lavoro, non per cattiveria bensì per far quadrare i conti, pretenda che il lavoratore produca più di 22 CHF/h. Analizzando i dati, gli economisti si sono pure accorti che, se proprio non si può fare a meno di alcuni lavoratori poco produttivi, l’incremento salariale è finanziato con la riduzione della progressione della busta paga. Il che ha naturalmente effetti disastrosi sulla motivazione personale, soprattutto nel far sacrifici per una postformazione.

Il secondo oggetto è la proposta di amnistia fiscale cantonale. Poiché qualsiasi riduzione della tassazione aumenta la libertà nell’uso delle proprie risorse, la proposta non può che promuovere il benessere materiale dei cittadini. Va ammesso che psicologicamente non starà meglio chi si confronta con gli altri, geloso verso chi negli anni passati è riuscito a farla franca col tassatore. Oltre all’immediato, si pone la domanda di cosa farà il Cantone quando a livello svizzero sarà indispensabile un’amnistia nel caso la tendenza internazionale dello scambio automatico di informazioni e della trasparenza fiscale trovi (purtroppo e contro la intima tradizione svizzera) applicazione anche nel contesto nazionale.

L’ultimo oggetto è il più pericoloso ed un vero e proprio cavallo di Troia fiscale: il moltiplicatore cantonale d’imposta. In sostanza, la proposta è quella di poter aumentare più facilmente (e quasi in automatico) le imposte quando il Cantone spende più di quanto incassa. Il mondo alla rovescia. La proposta pretende di non essere ideologica, ma è in realtà coerentemente socialdemocratica. Infatti, ai livelli attuali di tassazione (almeno un terzo delle risorse prodotte vengono annualmente confiscate dallo Stato) qualsiasi proposta di aumento è ideologica. Il cavallo di Troia consiste nel parlare di freno all’indebitamento e di coefficiente d’imposta. Il contribuente si chieda perché per il momento tutti i partiti storici stanno volando all’acqua bassa su questo tema, e si chieda chi pagherebbe il conto in caso di sì…

Paolo Pamini economista, AreaLiberale e Istituto Liberale


Relatore

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