Lottavano contro la deforestazione, la devastazione mineraria o la confisca delle terre : centinaia di difensori dell’ambiente sono stati uccisi in 35 paesi nell’ultimo decennio. L’indagine è stata condotta dalla ONG inglese Global Witness.
L’indagine è stata avviata dopo l’assassinio di Chut Wutty, difensore della foresta cambogiana, collaboratore di Global Witness, ucciso dalla polizia mentre indagava sullo sfruttamento illegale delle foreste in Cambogia.
Il rapporto esamina i massacri noti dei difensori dei diritti dell’ambiente e del territorio. Mostra un netto aumento di queste morti violente a partire dal 2002, parallelamente all’intensificazione della concorrenza per lo sfruttamento delle risorse naturali.
I principali motivi di questi assassinii sono i conflitti sullo sfruttamento industriale delle foreste, lo sfruttamento minerario e i diritti fondiari.
“Vediamo in continuazione delle élite ristrette vendere la terra, le foreste e altre risorse che appartengono al paese nel suo insieme e in particolare a coloro che ci vivono, in transazioni segrete con le grandi società – spiega Oliver Courtney, membro di Global Witness.
Il paese in è stato ucciso il più gran numero di difensori dell’ambiente e delle risorse naturali è il Brasile, con 448 decessi fra il 2012 e il 2013. Segue l’Honduras, con 109 morti e il Perù, con 58.
In Asia, al primo posto vi sono le Filippine con 67 morti.
Isolete Wichinieski, coordinatore del gruppo brasiliano Commisão Pastoral da Terra, ha dichiarato : “Ciò che nutre la violenza è l’impunità. In 12 anni in Brasile vi sono state solo dieci condanne per omicidio. I conflitti più violenti hanno luogo nelle zone appena disboscate oppure dove gli abitanti sono confrontati al disboscamento abusivo, all’allevamento abusivo di bestiame e alla coltivazione della soja.”
Nell’insieme, il rapporto della ONG inglese invita i governi nazionali e la comunità internazionale a agire con urgenza per proteggere la natura e i cittadini che la difendono.
(Fonte : theguardian.com / globalwitness.org)
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