Popolo millenario della Crimea, i caraimi sono un’etnia con mescolanze turco-ebraiche. Oggi in Crimea ne restano poche centinaia e tutti sono filo-russi. Contano sul governo di Mosca per poter preservare la loro cultura.
In una foresta su una collina della Crimea, un antico cimitero vecchio di oltre mille anni ospita migliaia di tombe in calcare grigio, la maggior parte ornate da iscrizioni in lingua ebraica, quasi tutte ricoperte da muschio e licheni.
Questo impressionante cimitero ancestrale è il tesoro dei caraimi di Crimea : “Per noi è un luogo sacro. Veniamo qui in pellegrinaggio – spiega Anna Polkanova, specialista di questo antico popolo.
I caraimi discendono dai kazari, un popolo di origini turche che occupava la Crimea nel 7. secolo d.C. Una parte di questo popolo si era convertita tre secoli più tardi al caraismo, una derivazione del giudaismo che fa riferimento all’Antico Testamento e non riconosce il Talmud, la tradizione orale.
“Non ci consideriamo ebrei – precisa Anna Polkanova, la quale rifiuta che il suo popolo sia confuso con gli altri 30.000 adepti del caraismo nel mondo : la loro religione è identica alla base, ma non le loro origini, né la loro cultura.
I caraimi di Crimea si sono volontariamente dissociati dal giudaismo nel 9. secolo, allo scopo di preservare le leggi anti semite dell’impero russo. Questo ha permesso loro di sfuggire, negli anni 1930-1940, alle deportazioni naziste.
Nelle “sinagoghe” dei caraimi, chiamate kenasse, il culto avviene il sabato mattina, con la rigorosa separazione fra donne e uomini. Vi si entra dopo essersi lavati mani e viso e aver tolto le scarpe.
In Crimea ne esistono ancora due. La kenassa di Evpatoria, sulla costa ovest e quella di Tchoufout-Kalé (che in turco significa “la fortezza ebraica”), un’antica fortezza trogloditica edificata nel 10. secolo vicino al cimitero. Le altre kenasse erano state nazionalizzate al tempo dell’Unione Sovietica.
Al governo ucraino rimproverano di non aver mai rispettato le loro tradizioni e il loro culto religioso. Si dicono speranzosi, in quanto considerano la loro comunità più vicina alla cultura russa che non a quella ucraina.
Questo malgrado che l’Unione Sovietica sia la causa della scomparsa quasi totale del caraim, una lingua turca molto simile alla lingua dei tartari, minoranza musulmana della Crimea deportata da Stalin negli anni 1940.
Ai tempi di Stalin, molti caraimi non conoscevano il russo ma evitavano di parlare la loro lingua in pubblico, per il timore di essere presi per tartari e deportati.
(Fonte : Liberation.fr)
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