Solitamente contraria alla pratica del QE, il Quantitative easing – la stampa illimitata di moneta a sostegno dell’economia – la Banca centrale europea non esclude di far ricorso al massiccio acquisto di attivi bancari per combattere un’eventuale deflazione. Lo ha dichiarato settimana scorsa il presidente della Bundesbank.
Un riacquisto di attivi bancari che si avvicina molto al QE, misura a cui hanno massicciamente fatto ricorso la Federal Reserve americana e la Banca d’Inghilterra per sostenere le rispettive economie.
Una misura che la BCE – sotto la pressione della Germania – ha sempre evitato.
La Banca centrale europea ha ridotto i tassi direttori a livelli storicamente bassi e inondato il sistema bancario con prestiti a tassi bassi, ma la ripresa rimane fragile e il tasso d’inflazione non cresce.
Numerosi economisti ritengono che la BCE abbia esaurito i suoi margini di manovra in materia di tassi direttori e debba valutare misure più radicali, come l’acquisto dei debito sovrani, così come da anni fa la Federal Reserve nel tentativo di sostenere l’economia del paese.
Il Quantitative easing è una politica controversa perchè – per i suoi detrattori – si avvicina al finanziamento dello Stato da parte di una banca centrale. Gli statuti della BCE vietano questa pratica.
E’ dunque con molta prudenza che Jens Weidmann, presidente della Bundesbank e membro del Consiglio dei governatori della BCE, ha aperto martedì scorso la porta a questa pratica, sottolineando che i mezzi classici a disposizione dell’istituto centrale sono limitati.
La BCE non avrebbe ancora motivo di agire nell’immediato, ma questo potrebbe cambiare se la prospettiva per l’inflazione venisse modificata, soprattutto in conseguenza di un tasso di cambio più elevato per l’euro.
Di fronte a uno scenario simile, la BCE potrebbe agire per la stabilità dei prezzi abbassando nuovamente i tassi direttori, magari ricorrendo all’opzione al momento ancora teorica del Quantitative easing, ha aggiunto Jens Weidmann.
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha confermato la volontà dell’istituto di agire di fronte all’inflazione ma non ha precisato come intende agire.
La BCE si tiene pronta a intervenire se l’inflazione scende sotto le sue anticipazioni, ossia 1% quest’anno, 1.3% nel 2015 e 1.5% nel 2016.
“Se apparisse il minimo rischio al ribasso per questo scenario, siamo pronti ad adottare misure aggiuntive di politica monetaria, per assicurarci che il nostro mandato venga rispettato – ha detto Draghi – Faremo tutto il necessario per mantenere la stabilità dei prezzi.”
(Fonte : reuters.com)
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L'articolo comincia parlando di eventuale deflazione. La deflazione non è eventuale, è conclamata in Italia, Spagna, Grecia, Portogallo e è già in vista in Francia.
La BCE secondo molti economisti non avrebbe più margini di manovra in materia di tassi direttori. Certo, si è avviata sulla strada disastrata dell'"azzeramento" dei tassi di interesse, una strada che diventa un vicolo cieco quando i tassi arrivano allo zero. O forse qualcuno pensa che si potrà andar sotto lo zero, magari pagando un modesto 0,125% di interessi semestrali o annui al debitore?
Il problema vero è che le banche che ricevono i soldi dalla BCE a tassi praticamente nulla, di prestiti alle famiglie e alle imprese non ne fanno. Acquistano i bonds di stati praticamente falliti, arrichendosi e salvando così anche la BCE che concede i soldi.