Vi sono due modi per apprezzare il voto anti-immigrazione che domenica 9 febbraio ha raccolto una maggioranza di misura in Svizzera, si legge in un editoriale odierno del quotidiano francese Le Monde : “Il primo modo è tecnico-pratico, il secondo è politico”.
“Lezione numero 1 – prosegue l’editoriale – Forse domenica la Svizzera non ha votato contro l’Europa. Ma ha sicuramente votato contro i cittadini dell’Unione europea. Non è sicuro che la differenza sia evidente.
Gli elettori sono pronunciati per la “fine dell’immigrazione di massa”. Su proposta del partito UDC, partito populista e anti-europeo, vogliono rimettere in causa gli accordi conclusi nel 1999 fra Berna e Bruxelles.
Entrati in vigore nel 2002, questi instaurano la libera circolazione dei beni e delle persone fra la Svizzera e l’UE.
Il governo federale ha tre anni di tempo per attuare la proposta dell’UDC. Essa implica di reintrodurre le quote dell’immigrazione. Impone di rinegoziare l’accordo di libera circolazione concluso con l’UE.
Il problema è che questo accordo fa parte di un insieme non scindibile : nessun accesso al mercato interno dell’Unione senza libera circolazione. Bruxelles deve attenersi a questo principio. I negoziati saranno difficili.
Questi accordi hanno certamente aumentato l’immigrazione – essenzialmente dei tedeschi, francesi, italiani, portoghesi. Sono loro che formano il grosso dell’immigrazione di massa presa di mira dall’UDC.
Ma questi accordi hanno anche drogato l’economia svizzera. Oggi una delle più brillanti del continente, deve buona parte del suo successo alla relazione con l’UE. Conosce un buon livello di impiego, con un tasso di disoccupazione attorno al 4%.
La seconda lezione di questo voto va oltre. Il sì ha vinto dove vi sono meno lavoratori immigrati europei e più disoccupati nazionali. Si direbbe che è un voto contro l’élite, contro il padronato, contro i sindacati e contro il governo.
Un voto di chiusura identitaria suscitato da una formazione populista che maneggia senza scrupoli la tattica del capro espiatorio.
Il voto traduce anche una realtà alla quale non sfugge nessun paese occidentale : a torto o a ragione, buona parte dell’opinione viene raggiunta dalla percezione di un’immigrazione fuori controllo che mette a disagio le popolazioni più fragili delle nostre società.”
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Come diceva Flavio Maspoli, la domanda da porci (non nel senso del maiale) è questa:
meglio essere un populista intelligente o un non populista cretino?