Pubblicato nel Corriere del Ticino del 4 gennaio
Ha ragione l’Avvocato: interessanti gli anni che escono in “14”. Nel 1714, alla morte di Queen Anne, l’elettore di Hannover (che, dicono i maligni, non parlava una sola parola d’inglese) ascese al trono d’Inghilterra come Giorgio I. Il 18 marzo 1314 davanti ai giardini del Palais de Justice, più o meno dove si trova oggi il Pont Neuf, Filippo il Bello mandò al rogo il gran maestro dei Templari Jacques de Molay. Il vecchio aveva una voce potente e tra le fiamme voraci gridò: “Filippo, Clemente (il papa), io vi cito entro l’anno davanti al tribunale di Dio!” Clemente morì per primo, già il 20 aprile. Più tardi toccò a Filippo, il 29 novembre. Il re non aveva che 46 anni e regnava da 29.
Una sola osservazione al testo mi concedo: circa la “politica d’immigrazione” svizzera, “superficiale” ecc. ecc. Io dico che in realtà è una non politica, dove uno Stato frastornato e paralizzato subisce gli eventi. (fdm)
1814: a Waterloo, con la disfatta di Napoleone, il disegno francese iniziato nel 1600 con Enrico IV di Navarra di sostituirsi alla Spagna nella dominazione dell’Europa, si dissolve. Il successivo Congresso di Vienna, presenti i due giganti della diplomazia, il geniale luciferino Talleyrand (anche se fiaccato dagli anni), e Metternich, il razionale stratega del potere, regola gli assetti futuri del continente.
1914: nell’estate inizia la prima guerra mondiale che avrebbe ucciso venti milioni di persone (militari e civili) e fatto ventun milioni di feriti. Migliaia di pagine di studi non sono ancora riuscite a dare la risposta definitiva all’interrogativo relativo ad una guerra che si poteva evitare e certo figlia di una crisi di incompetenza della politica e dei suoi attori. Il successivo trattato di Versailles, invece di suggellare la pace e fissare gli assetti futuri, con il suo aspetto inutilmente punitivo per la Germania crea le premesse per un conflitto prima europeo e poi mondiale ancora più devastante e conclusosi con la sconfitta nel 1945 della Germania nazionalsocialista. Germania, che per un secolo aveva aspirato come precedentemente la Francia di poter arrivare a dominare l’Europa.
Il 2014 come si presenta? Le convulsioni del mondo africano e arabo seguono il percorso insanguinato della storia, lastricato dalle sofferenze delle popolazioni, ma non paiono tali da sconvolgere gli equilibri mondiali. Le confrontazioni tra sunniti e sciiti non debbono far dimenticare le guerre di religione europee del 1600. Più preoccupanti sono le rivalità per gli equilibri di potere del mondo asiatico. L’ «Economist» recentemente paragonava il Giappone alla Francia dello scorso secolo e la Cina alla Germania. L’India, che si avvia a diventare il Paese più popoloso del mondo, con i suoi problemi di confronti religiosi, è pure un’incognita da non dimenticare.
Ma concentriamoci sull’Europa. L’Unione europea, concepita dal centralismo francese e indebolita da cinque anni di crisi economica, sta divenendo la struttura che permette alla Germania di riprendere per altre vie il suo progetto di dominio sul continente. Il fatto che, nonostante dilazioni, incongruenze, verbosi dissidi, debolezze istituzionali e i problemi della zona euro, nulla di tragico sia successo nel 2013 ci fa vivere in una strana atmosfera di euforia, quasi i gravi problemi strutturali con i quali ci troviamo confrontati, la montagna di debiti, le debolezze della politica, si fossero miracolosamente risolti.
I due problemi di gran lunga più gravi sono sempre tragicamente incombenti e si chiamano disoccupazione e immigrazione. Tassi di disoccupazione in alcuni Paesi con punte al 20%, ma peggio ancora disoccupazione giovanile tra il 40 ed il 50%. Una generazione di giovani ai quali sono stati rubati speranza e futuro. Questi senza lavoro si trovano a competere con altri immigrati in cerca di lavoro che premono portatori anche di differenze culturali alle nostre frontiere. La crudeltà delle lotte tra poveri.
Gravissime le responsabilità della politica e dei politici. Da un lato timorosi di attuare riforme strutturali (anche nel mercato del lavoro) che permettano il rilancio di un’economia anemica e disastrata. Dall’altro responsabili di una politica d’immigrazione superficiale, inefficiente e spesso poco realista. Due nuvole che potrebbero essere foriere di tempesta. Non vorrei per nulla fare l’uccello del malaugurio, ma vediamo di non continuare a ballare come fossimo sul Titanic.
Tito Tettamanti