Bella e ben frequentata la serata di Swiss Respect mercoledì 27 al Dante. In verità così mi hanno detto (e ci credo) poiché, trattenuto altrove, sono arrivato nel bel mezzo del rinfresco finale. Ospite d’onore e attrazione dell’evento il neo consigliere di Stato leghista Claudio Zali. [fdm]
Oramai è chiaro a tutti, anche ai meno “tecnici”, il vortice insidioso in cui la Svizzera è stata attirata, con tutti gli accordi di natura fiscale proposti e pretesi da nazioni, gruppi di nazioni e istituzioni sovragovernative della cui legittimità si nutrono seri dubbi.
L’autorevole giornale “Tages Anzeiger” il 30 novembre (tre giorni dopo la conferenza sul tema organizzata da noi a Lugano) annunciava che alcuni istituti di credito romandi vorrebbero ribellarsi al diktat unilaterale mondiale imposto dagli americani con il trattato FATCA. Il titolo dell’articolo la diceva lunga: “Banken rebellieren gegen Steuerdeal”, a causa delle multe milionarie e degli oneri insopportabili previsti a loro carico, con un serio rischio di chiudere i battenti. E’ evidente che ancora una volta la Svizzera politica non è riuscita minimamente a salvaguardare i macro interessi nazionali, peggio se consideriamo che il trattato unilaterale FATCA non è altro che una legge interna americana che si vuol introdurre in un Paese sovrano in sovrapposizione alla normativa vigente (mai successo nella storia svizzera!).
Il FATCA in sostanza prevede una sorta di scambio automatico di informazioni tra le nostre banche e l’autorità fiscale degli USA, pena l’esclusione dal mercato finanziario americano delle banche poco collaborative. È per questo che è stato promosso il referendum: la pericolosità di questo accordo è tale che, se si aprisse una strada anche in Europa, produrrebbe conseguenze letali per il nostro sistema finanziario. “Minacce velate” non sono solo giunte dal Dipartimento di Giustizia americano, che ha invitato (per così dire) le banche elvetiche a collaborare, ma anche dal nostro interno, tramite il Consiglio Federale e l’organo di controllo FINMA.
Senza entrare nei dettagli tecnici, Swiss Respect tiene a rendere pubbliche, a denunciare se necessario, situazioni che porteranno al deterioramento del “sistema finanziario ed economico svizzero”, un sistema che ha portato un certo benessere al nostro Paese, fonte d’invidia all’estero e, di conseguenza, obiettivo sistematico dei nostri detrattori.
Oltre a FATCA, vorrei citare altri dossier presenti sul tavolo del Consiglio federale e in parte già passati in Parlamento, che mettono in gioco non solo gli accordi stessi ma l’intera sovranità giuridica, economica e finanziaria della Svizzera.
Partiamo dal dossier con la Francia, la cui nuova convenzione, che dovrebbe sostituire quella del 1953, introduce la sovranità fiscale francese in caso di apertura della successione in Svizzera, rendendo di fatto meno attrattiva l’elezione di un domicilio nel nostro Paese, poiché consente alla Francia di imporre la successione con aliquote molto più elevate di quelle elvetiche. Se quest’accordo dovesse passare, aprirebbe la strada ad altre nazioni, pronte come falchi a colpirci.
Altro accordo “killer” riguarda la fiscalità legata alle società a statuto speciale cantonale (holding, amministrazione e ausiliarie) sul nostro territorio, poiché in qualsiasi momento potrebbero entrare nelle liste nere dell’OCSE o degli Stati membri dell’UE. Cosa significa? Semplicemente che dovranno delocalizzarsi, poiché in Svizzera non potranno più lavorare. Conseguenze per noi? Inimmaginabili sul piano occupazionale ed economico, considerato poi che negli stessi Paesi europei vi sono regole privilegiate riguardanti le società e la loro fiscalità, specie nel campo dello sviluppo e ricerca /cd “licence-box”) o protette dal diritto marittimo.
Altri due dossier spinosi riguardano il “bypass” sull’assistenza amministrativa, sempre in materia fiscale, e l’OCSE (chiamata Convenzione multilaterale dell’OCSE e del Consiglio di Europa sulla reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale). Questo accordo multilaterale andrebbe a scardinare una volta per tutte, sempre sotto minaccia d’inserimento nelle “black list”, il diritto alla protezione e riservatezza dei dati personali, meglio noto come “privacy”, incluso pure nella nostra Costituzione. In questo modo, qualsiasi Paese che abbia sottoscritto la convenzione menzionata (stranamente la Germania non ha aderito) gioverebbe di uno scambio completo di informazioni, su richiesta o spontaneo (non ancora automatico, almeno per ora!), a tutto campo sulla fiscalità. Lo scambio automatico sarà tuttavia verosimilmente concesso all’UE nell’ambito della revisione dell’accordo sulla fiscalità del risparmio.
Per concludere, non meno pericolosi saranno gli accordi che verranno con l’Italia. Con la fuga in avanti delle nostre Autorità e molte banche nel voler anticipare eventi non ancora successi e/o adeguarsi ad accordi non ancora firmati, si sta mettendo sotto pressione una fetta di clientela ancora presente nei nostri istituti, spingendola ad “autodenunciarsi” alle proprie autorità fiscali, con conseguenze anche penali per gli stessi clienti: che dire, oltre il danno la beffa.
Tutti questi dossier sono al momento aperti, ben lontani da una firma, e dovrebbero far riflettere maggiormente i politici di questo Paese. In gioco vi sono gli interessi nazionali e queste fughe in avanti, tipiche dell’atteggiamento “swiss politically correct” tanto in voga presso i nostri rappresentanti, un giorno presenteranno il conto ma sarà allora troppo tardi per tornare indietro.
Tiziano Galeazzi, coordinatore di Swiss Respect Ticino e GR