Ieri si sono viste le prime schermaglie in vista delle manovre autunnali relative allo spartiacque tra liberali e statalisti: l’introduzione del moltiplicatore cantonale. Infatti, in un’intervista su di un quotidiano ticinese, la ministra dell’economia Laura Sadis ha ribadito l’importanza di introdurre un freno ai deficit e dato del neofita al suo presidente di partito Rocco Cattaneo.
Quello che viene chiamato freno ai deficit è la proposta del DFE, di prossima discussione in Gran Consiglio, di introdurre un moltiplicatore cantonale d’imposta automatico. Esattamente come già oggi per i comuni, anche il Cantone avrebbe un proprio moltiplicatore d’imposta. Tuttavia, e qui l’elemento fondamentale, il moltiplicatore aumenterebbe automaticamente qualora si prospettasse un deficit qualificato, ovvero se le spese annue del Cantone dovessero superare, per esempio, il 3% delle previste entrate annue. Sottraendo ai cittadini ulteriori risorse attraverso la leva fiscale, si eviterebbe un ulteriore indebitamento del Cantone. A detta del Governo, un meccanismo di rigore ed equilibrio finanziario.
Chi sostiene l’idea, in primis la ministra dell’economia, ribadisce in ogni occasione possibile che di freni ai deficit è pieno il mondo. Famoso a Berna è il freno all’indebitamento contenuto nella Legge sulle finanze della Confederazione del 2005, che impedisce a questa di spendere sistematicamente ben più delle proprie entrate fiscali, e prevede come il sequester americano misure di rientro automatico della spesa. Già, il famoso sequester: un taglio automatico del 2,4% della spesa pubblica che lo scorso 1° marzo senza se e senza ma ha fatto tirar la cinghia a Washington a causa del mancato accordo sull’aumento del debt ceiling, il massimo indebitamento permesso alla Federazione (che poi, guarda caso, da decenni il Legislativo rivede al rialzo).
Che a ben vedere la proposta ticinese sia coerentemente socialdemocratica è semplice da capire: se la politica decidesse di aumentare la spesa statale, il salasso fiscale seguirebbe a ruota senza neppure che alcun politico debba più sforzarsi di convincere gli spennati contribuenti dell’utilità dell’aumentata tassazione. Peggio ancora, la proposta istituzionalizza il tassa e spendi (anzi, lo spendi e tassa), soprattutto nel caso di manifesta accidia del Gran Consiglio nel voler tenere in pugno la spesa statale. Sicuramente, il peso dello Stato nella società non diminuirebbe e perderemmo lentamente il nostro vantaggio competitivo su cantoni e paesi concorrenti. Tutto ciò, proprio mentre lo stesso Cantone si sforza di attirare nuove aziende in Ticino.
Di matrice coerentemente liberale sono invece proprio i citati sequester e freno all’indebitamento federale, che per evitare l’esplosione del debito tagliano la spesa dello Stato anziché calcare la leva fiscale. Infatti, per un vero liberale poco importa se la spesa statale è finanziata a suon d’imposte o di debito: decisivo è il peso relativo dello Stato nella società, ben misurabile con la quota della spesa statale al PIL.
Alla domanda sul più o meno Stato, tertium non datur: non esiste terza via alla scelta tra statalisti e liberali, che è questione di principio e profondamente filosofica. Prepariamoci alle bordate autunnali.
Paolo Pamini, economista, Liberales Institut
Pubblicato nel Giornale del Popolo l’11 settembre 2013
Apollo nell'Eden: in questi giorni a Lugano, alla fiera dell'artigianato e del lusso YouNique, nella…
In questo giorno di riflessione e di lutto vi proponiamo una celebre poesia, che suona…
D’ora in poi anche il Nicaragua, dopo aver bruscamente interrotto le relazioni con Taiwan, ha…
Due anni or sono avemmo il maestro Tong, oggi abbiamo il maestro Wang. La Cina, la grande Cina, antica…
Ripesco questa intervista (2019) e ci aggiungo un complimento. Ticinolive da tempo si mostra scettico…
Il Reggente di Francia dal 1715 al 1723 fu Filippo d'Orléans (1674-1723), nipote di Luigi…
This website uses cookies.
View Comments