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Il Burqa e le donne di sinistra – di Giorgio Ghiringhelli

Il 22 settembre si avvicina a grandi passi. Il leader dell’iniziativa (detta) Antiburqa ci manda questo nuovo, pungente articolo.


Rimango sempre sconcertato, allibito, quando vedo donne occidentali – in particolare donne di sinistra e verdi – che si dichiarano contrarie a qualsiasi divieto di indossare il burqa e si esprimono a favore della (presunta)  “liberta” delle donne di decidere come vestirsi . Il tutto senza spendere molte parole per criticare questo simbolo dell’islamismo più estremista e odioso.

Durante la mia gioventù le donne scendevano in strada a battersi per l’emancipazione femminile e per liberarsi da divieti o obblighi (come quello di indossare corsetti e reggiseni)  al grido di “l’utero è mio e lo gestisco io”. E ora , malgrado che milioni di donne musulmane sono obbligate a coprirsi con burqa, niqab e veli vari e rischiano la pelle se non lo fanno, anziché aiutarle a battersi per liberarsi da questi obblighi pseudo-religiosi imposti da uomini  integralisti misogini e sessisti, le donne della sinistra si mettono involontariamente  dalla parte dei loro oppressori.

Ma io  sfido queste signore a indossare  un burqa in estate , anche solo per pochi giorni. Poi vedremo cosa ne pensano. Secondo me dietro a certo modo contorto di ragionare vi é innanzi tutto  una questione ideologica : siccome il burqa è combattuto specialmente (ma non solo !)  dalla destra allora per riflesso automatico bisogna mettersi sul fronte opposto. E poi vi è molta ignoranza o ingenuità. Che ne sanno queste signore degli islamisti, delle loro strategie e dei loro obiettivi (fra cui quello di impedire a tutti i costi l’integrazione dei musulmani nella società occidentale ad esempio “velando” le loro donne come segno di riconoscimento, cosa  che sfiora il razzismo) ?

Ben maggior buon senso e conoscenza della materia ha dimostrato il Gruppo socialista delle Camere federali, il quale, dopo la votazione sui minareti,  aveva approfondito il tema Islam emettendo nel 2010 una presa di posizione  che trasmetto per verifica alla redazione di questo giornale. Al capitolo dedicato al burqa si leggono considerazioni che il comitato dell’iniziativa “antiburqa” sarebbe pronto a sottoscrivere subito.

Eccole : “L’obbligo di portare un velo integrale fuori dagli spazi privati costituisce, dal nostro punto di vista occidentale, un attentato massiccio alla libertà personale e una violazione dei diritti dell’uomo, nella misura in cui la stessa compromette lo sviluppo personale e l’integrazione nella nostra società. Il fatto che delle donne portino questi abiti “ su base volontaria” non fa alcuna differenza. E’ in effetti difficile considerare il burqa come qualcosa che non sia un simbolo di oppressione della donna. “ 

Poi il Gruppo PS aggiunge  di non vedere “per il momento” la necessità di un divieto, visto che le donne che portano il velo integrale sono poche e visto che un simile divieto potrebbe costituire un ostacolo supplementare alla loro integrazione. Su questa conclusione ovviamente il nostro comitato non concorda, ma sul duro giudizio in merito al vero significato del burqa sì.  Sarebbe ora che anche le nostre femministe di sinistra si liberassero dai loro preconcetti ideologici e cominciassero a usare la ragione… come consigliava di fare la grande Oriana Fallaci nel suo libro “La forza della ragione”.

Giorgio Ghiringhelli, Losone


Relatore

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  • Primo: Cje ne sa Ghiringhelli delle strategie e obiettivi? Chi dice che il velo delle donne musulmane é un tentativo di non integrarsi? Le suore squando si velano, scelgono di non-integrarsi? Fino a 50 anni fa, la maggioranza delle donne quando usciva di casa si copriva i capelli con un foulard, anche loro non volevano integrarsi?

    Secondo: Sembra che Ghiringhelli non sappia leggere quello che ha lui stesso citato sulla presa di posizione del comitato del Gruppo Socialista: Viene espressamente detto all'inizio: "L'OBBLIGO di portare il velo ..."
    Questo significa che il Gruppo PS condanna il concetto di "l'obbligo" del velo integrale, che dal punto di vista occidentlale sembra un simbolo di oppressione della donna.

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