Il numero del 30 marzo 2013 della rivista New Scientist è consacrato ai meccanismi della stupidità. “Stupidity”, titola il settimanale, che intende esaminare le conoscenze consacrate alla misura della stupidità umana.

Lo scrittore francese Gustave Flaubert (1821-1880) era un appassionato studioso della stupidità dei suoi contemporanei e la vedeva ovunque : dai pettegolezzi della classe media sino ai corsi universitari. Nemmeno il grande Voltaire sfuggiva al suo occhio critico. Preso dalla sua ossessione, Flaubert aveva consacrato gli ultimi anni della sua vita a collezionare migliaia di esempi di stupidità nel suo “Dictionnaire des idées reçues”.

Dagli scritti di Flaubert, i paradossi dell’intelligenza sono stati studiati scientificamente negli esperimenti di psicologia del premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman, sviluppati con il suo collega Amos Tversky.
I due ricercatori hanno dimostrato che il cervello umano ha accesso a due circuiti per trattare le informazioni : quello misurato dal QI, l’intelligenza razionale, e quello dell’intuizione.
I meccanismi intuitivi sono certamente utili – ci fanno guadagnare tempo – ma ci espongono all’errore di giudizio : gli stereotipi, l’ambiguità, fanno parte dei pericoli che ne sono associati. Da qui deriva l’incapacità umana a ben valutare i rischi, a sopravvalutare o a sottovalutare una situazione, a fare delle scelte razionali.
Tversky e Kahneman hanno mostrato che quando si fa girare una ruota davanti a dei soggetti sottoposti a un test e che si mostra loro un risultato aleatorio (ad esempio il numero 60) chiedendo poi di valutare – ad esempio – il numero dei paesi africani all’ONU, gli interrogati basano la loro risposta sul risultato della ruota, magari anche sapendo che il numero non ha nulla a che vedere con la domanda. E’ la facoltà delle persone di ancorarsi a dati arbitrari per confermare una valutazione.

Come ricorda Jonah Lehrer nel New Yorker a proposito dei lavori di Kahneman e Tversky, le persone utilizzano delle scorciatoie mentali che non sono un modo di fare un calcolo più rapidamente, ma un mezzo per aggirare il ragionamento matematico.
La misura dell’intelligenza, il famoso test del QI, ha poco a che vedere con il genere di comportamento irrazionale e illogico che tanto dava sui nervi a Flaubert. Gli esperimenti realizzati negli anni 1990 e 2000 hanno sinora mostrato un’assenza di legame fra QI e i risultati dei test, una correlazione fra questa intelligenza e l’errore di giudizio.

Le persone intelligenti si uccidono di più in guerra, secondo uno studio realizzato dopo la Seconda guerra mondiale e la stupidità nelle banche o in istituti che reclutano solo persone molto intelligenti incoraggiano, a livello collettivo, errori gravissimi.
Le persone intelligenti, nel senso del test QI, non sono al riparo dalle mancanze cognitive : dopo decenni di lavori, lo stesso Kahneman aveva ammesso di non aver migliorato le proprie performance mentali.

Lo scienziato Keith Stanovich dell’università di Toronto ha proposto un test alternativo a quello del QI : il test del quoziente razionale.
Stando a quest’ultimo, quello che può rendere l’essere umano più diffidente di fronte ai propri errori di giudizio, dunque più razionale, è la capacità di riconoscere i limiti del suo sapere e delle proprie certezze.

(Slate.fr)