Nella Zona euro il debito pubblico è aumentato sino a raggiungere il 92.2% del Pil. Il suo tasso va oltre il 160% del Pil in Grecia e il 130% in Italia.
Gli europei continuano a portare il peso del debito dello Stato. Stando alle ultime cifre pubblicate dall’istituto Eurostat, nella Zona euro la percentuale del debito pubblico si attesta al 92.2% del Pil nel primo trimestre 2013, contro il 90.6% del quarto trimestre 2012.
In vetta alla classifica dei paesi più indebitati ci sono la Grecia (160,5 % del Pil), l’Italia (130,3%), il Portogallo (127,2%) e l’Irlanda (125,1%).
Si calcola che il debito pubblico continuerà ad aumentare almeno sino alla seconda metà del 2014. La Commissione europea prevede che entro la fine di quest’anno la percentuale del debito per la Grecia toccherà il 175%.
“Nella Zona euro lo scenario può difficilmente essere migliorato perchè siamo in un contesto dove i deficit pubblici rimangono forti, mentre il Pil si contrae in continuazione – commenta Philippe Waechter, direttore della ricerca economica presso Natixis – Il debito è un elemento interessante perchè mostra che non abbiamo voglia di effettuare una scelta.
La crescita e l’impiego sono importanti e al contempo la Commissione europea ci dice che si devono riequilibrare le finanze pubbliche. Seguiamo due direzioni contemporaneamente e non è fattibile.”
I paesi che hanno scelto di ridurre i debiti pubblici si sono trovati in situazioni sociali esplosive, a causa della debolezza della crescita e di un aggiustamento al ribasso dei prezzi. Questo soprattutto nel sud Europa.
Ad esempio, il Portogallo – il cui debito pubblico raggiunge il 127.2% – esce da settimane di crisi politica. La situazione si è risolta malgrado l’incapacità del governo di siglare con i socialisti “un patto di salvezza nazionale” e i tassi d’interesse si sono distesi.
“Adesso c’è un forte interesse per la crescita, fosse anche solo per migliorare la percentuale del debito rispetto al Pil – commenta Philippe Waechter.
(Les Echos.fr)
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Mi chiedo perché stiamo ancora parlando di Stati sobri e Stati insolventi. Di debito pubblico e di contingentamenti. Proprio quando sappiamo che gli stati sono un concetto largamente superato dai rapporti economici neo-liberali/liberisti/capitalistici/economicistici attualmente trendy. Il primo protagonista della nostra storiella cresce in uno stato sobrio, contenuto, organizzato, probo, modesto, in altri termini: esemplare. Lavora nella comunità nativa e percepisce uno stipendio decente, in sintonia con la sua formazione e con il costo della vita indigeno, paga le tasse dovute e dispone di servizi adeguati. S'identifica così tanto con tali concetti che è portato a credere che tutte le comunità planetarie agiscano di conseguenza. L'altro elemento della nostra storiella cresce invece in una delle diverse comunità che non riescono a realizzare uno Stato conforme agli standard di cui sopra, dove la corruzione, l'intrallazzo, il culto della furbizia affossano ogni idea di giustizia sociale. Di redistribuzione dignitosa. Non paga volentieri le tasse che ritiene (lecitamente) eccessive, proprio perché una buona parte di suoi consimili le evade per abitudine culturale. Lo Stato di cui è cittadino è prossimo all'insolvenza. Egli è un ottimo elemento, competente nel suo lavoro, ha studiato anche in scuole estere ed è sufficientemente astuto da sapersi inserire in ogni contesto planetario con successo. Un vero individualista di tatcheriana aspirazione. È consapevole del fatto che all’interno della sua comunità d'origine non troverà mai un lavoro adeguato alle sue competenze. Il terzo uomo è poco formato, disoccupato endemico perché nel suo contesto non ci sono possibilità lavorative, nessuna industria, nessuna struttura, alto tasso di criminalità endogena, egli è fermamente deciso a costruirsi un futuro forzatamente lontano dal paese di nascita affrontando una fuga disperata. Si potrebbe tentare una conclusione. Che lascio al lettore. Personalmente sono convinto quanto sia comunque evidente che delle personalità "raccontate" solo un paio possano interessare alla grande ricchezza, al grande capitale, al grande azionista, ai tycoon della finanza, alle élites dei manufacturing contest. All'industria delle delocalizzazioni. Il primo caso con ogni probabilità non riscuoterà grande successo nelle aspettative dell’azionariato imperante. Se non come suolo da occupare per la terza età oppure per l’interessante fiscalità. Appare sempre più come una fotografia ingiallita di un contesto sopravvissuto al cataclisma in atto, un gioiello costoso e obsoleto. Il secondo e il terzo caso (su due piani ben differenziati e distanti) invece godranno delle simpatie capitalistiche perché proprio in sintonia con le “peculiari” caratteristiche economicistiche della lotta sociale. Ricordate Jobs : “Siate affamati, siate folli! E lady Tatcher, molto, molto prima: "Esistono solo individui e solo relazioni di mercato". E noi siamo ancora qui a parlare di Stati sobri, di Stati insolventi, di debito pubblico e di contingentamenti.