(titolo della Red)
Pubblichiamo, con il consenso dell’Autore, questo bell’articolo – già apparso nel CdT – in garbata polemica con il presidente socialista Saverio Lurati, il quale più perde voti più sembra tormentato da un’inestinguibile “fame fiscale” (e dopo ‘l pasto ha più fame che pria, si potrebbe dire con il sommo Poeta). Nella distorta (attenuiamo pure in: partigiana) visione luratiana il cittadino-contribuente (quello vero, quello che tiene in piedi la baracca pagando – come ben scrive Farinelli – l’80% di tutte le imposte cantonali) viene raffigurato come un gaglioffo da punire (“chissenefrega!”), mentre l’assistito (che è talvolta debole e sfortunato ma troppo spesso… è tutt’altro) riceve un esclusivo tributo di simpatia. Dove si trova il denaro nel Sinistro-pensiero? Non già nelle mani di cittadini operosi, abili e qualificati, che producono ricchezza a vantaggio di tutti, ma nel forziere di Paperon de’ Paperoni, “tre ettari cubici (!?) di denaro”, rutilante di fantastiliardi. Una visione fanciullesca. A quella odiata/bramata Bastiglia vorrebbero dare l’assalto le truppe luratiane, brandendo l’arma più tagliente, un’irrefrenabile leva fiscale.
Alex Farinelli nel suo articolo cita l’Unione Sovietica. Ma un nome così grande e così terribile ci fa quasi paura, non osiamo pronunciarlo. E allora, più modestamente, evochiamo la Germania Orientale. Che è fallita e caduta ma forse Lurati non lo sa, o non se n’è accorto, o se n’è dimenticato.
Bravo Farinelli. Quanti liberali dovrebbero sapere/osare scrivere come te! [fdm]
Sono rimasto costernato da una frase letta in un articolo di Saverio Lurati apparso sabato scorso su questo giornale. Dopo una lunga spiegazione sulla concorrenzialità dell’imposizione fiscale nel nostro Cantone, tema di cui si può sicuramente discutere, Lurati conclude con una frase oscena, che un presidente di un Partito non dovrebbe nemmeno sognarsi di dire. Riferendosi ai contribuenti sottoposti alle aliquote maggiori – quelli che per inciso già versano all’erario oltre il 40% (!!)di quanto guadagnano, e pagano l’80% (!!) di tutto il carico fiscale cantonale – il socialista se ne esce con un «chi se ne frega se le aliquote hanno una progressione svantaggiosa per loro».
Chi se ne frega? Ma ci rendiamo conto che stiamo parlando di cittadini e del frutto del loro lavoro? Prendo atto che per taluni essere ricchi o guadagnare uno stipendio ritenuto alto è una colpa da espiare venendo tartassati di imposte in funzione di una presunta giustizia sociale, ma dichiarare di fregarsene di quanto pagano questi cittadini significa non aver capito molto del nostro sistema, fortunatamente molto diverso da quello in voga qualche decennio fa nell’Unione Sovietica. Quando vi è uno squilibrio finanziario lo Stato, un po’ come qualsiasi azienda o privato cittadino, ha sempre due modi per far quadrare i propri conti: aumentare le entrate o contenere le uscite. Premesso che lo sforzo principale dovrebbe essere fatto sulle uscite, vi è sempre la possibilità di cercare di aumentare le entrate. Per un’azienda o un cittadino però non è cosi semplice: fatturato e stipendio sono difficilmente influenzabili.
L’innegabile vantaggio di cui dispone l’ente pubblico è che, fino a certi livelli, l’incidenza fiscale può essere modificata andando ad aumentare le entrate. Questa dinamica ha portato diverse nazioni a noi vicine, vere esperte del tassa e spendi, ad aumentare a dismisura la pressione fiscale. In Svizzera, per fortuna, federalismo e democrazia diretta hanno posto un chiaro freno a questa politica. Se ad esempio ogni aumento dell’Iva non fosse soggetto al giudizio popolare probabilmente saremmo già ben oltre l’attuale 8% (basti pensare alla media dell’UE che è del 21%). Naturalmente anche nel nostro paese c’è chi, socialisti e sinistra in generale in testa, tende preferibilmente ad andare in questa direzione. Convinti che vi sia sempre qualche nuovo compito da attuare, qualche norma da imporre, o ulteriore reddito da redistribuire, e seguendo il motto di Robin Hood: «rubare ai ricchi per dare ai poveri» ogni tanto mi pare perdano il contatto con la realtà.
I soldi derivanti da tasse e imposte non sono dello Stato (che non li ha prodotti) ma sono una sottrazione (chiamarlo contributo è un po’ forviante considerato che non è volontario) al frutto del lavoro e dell’iniziativa delle cittadine e dei cittadini. Manifestare un menefreghismo nei confronti di una fascia di cittadini, «rea» di guadagnare più di altri, è semplicemente inaccettabile e dimostra scarsa considerazione per chi già oggi si deve far carico in maniera importante la spesa pubblica che va in favore della collettività. Ma per fortuna, in Svizzera e in Ticino, il popolo potrà sempre dire l’ultima parola su tasse e imposte, e di solito lui non se ne frega proprio.
Alex Farinelli, segretario cantonale del PLRT
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Ieri "ilwuolstriitgiurnal", titolava un articolo di apertura supperggiù così. "Lurati si frega con un «chi se ne frega»." (Scusatemi per la traduzione a braccio). Poi seguiva l'editoriale di che definiva come "litmus paper" l'aver pronunciato queste parole che dimostrano quanto la sinistra abbia poco rispetto dei soldi guadagnati con l'assunzione di manodopera a costi stracciati, con le delocalizzazioni esotiche, con la tax avoidance... eccetera. Infatti chi ha la fortuna di appartenere ai salotti "bene" sa benissimo che nessuno dei presenti mai si lascerebbe sfuggire "ore rotundo" tali giudizi grezzi e affrettati sulla controparte: quelli delle aliquote basse. Mai si oserebbe concedere di "stropicciarsene" di quei poveri straccioni senz’arte né parte, sempre alla ricerca di aiuti sociali, perché non hanno voglia di lavorare. Perché chi ha voglia di lavorare ventiquattrore al giorno, sette giorni su sette senza inutili ferie annuali, trova sicuramente un posto di lavoro a duemila franchi al mese. Anche meno, se è fortunato. Per qualche mese. Così, tanto per avere le aliquote basse.