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Facebook censura l’asceta Muni Shri Punyanandi

Facebook se la prende con i monaci giainisti dell’India che vivono nudi secondo i precetti della loro antica religione e blocca l’account di un giovane di 23 anni che aveva pubblicato sulla sua pagina la fotografia «senza veli» di un famoso asceta, Muni Shri Punyanandi, con la scusa che era oscena e offensiva, probabilmente scambiandola per materiale pornografico.

L’accesso è stato poi ripristinato una volta chiarito l’equivoco, ma la decisione di Facebook ha scatenato un coro di proteste della comunità religiosa che conta circa 10 milioni di fedeli nel mondo e che si ispira a una forma estrema di non violenza e di assoluto rispetto per tutte le forme viventi.

L’asceta Muni Shri Punyanandi
“Circa 12 ore dopo aver caricato le foto ho ricevuto un messaggio da Facebook che mi informava che il mio account era stato bloccato e mi chiedeva di rimuovere le immagini di nudi – ha detto Anshul Jain Rara, che abita nello stato orientale del Chhattisgarh, intervistato da un quotidiano indiano.
Lui e la sua famiglia sono devoti del monaco che appartiene alla setta dei Digambara (vestiti di cielo, in sanscrito), la più radicale delle due correnti del giainismo, contraria al possesso di qualsiasi oggetto, compresi gli indumenti.

Il giainismo è una delle tre religioni indiane insieme all’induismo e al buddhismo. Il suo fondatore Mahavir è contemporaneo del Buddha. I monaci della setta Digambara vivono nudi (solo gli uomini) e indossano una mascherina per evitare di ingoiare microrganismi.
Spesso si vedono camminare scalzi nelle vie cittadine circondati da seguaci. L’unico loro possesso è una brocca d’acqua e un piumino per respingere gli insetti e ricevono il cibo direttamente in mano e dormono per terra.

La nudità dei monaci giainisti spesso crea problemi di ordine pubblico. Anche se la società indiana è largamente tollerante in materia di pratiche religiose, si sono verificati diversi incidenti. Spesso è necessaria la scorta della polizia quando attraversano i centri urbani nel loro continuo peregrinare.

(La Stampa.it)

Redazione

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