Edward Snowden è l’ex agente della CIA e della NSA che ha rivelato l’esistenza del programma di intercettazioni Prism.
Dal 20 maggio è esiliato a Hongkong, oggetto di un’indagine da parte del FBI e promette nuove rivelazioni sulla maniera in cui la NSA, la National Security Agency, ha un accesso diretto ai dati privati su Internet.
Per essersi rifugiato a Hong Kong, in una settimana Edward Snowden ha visto passare il suo statuto di eroe nazionale a quello di traditore.
Sul portale d’informazione Atlantico.fr Jean Sebastien Philippart spiega il motivo di questa evoluzione.
Jean-Sébastien Philippart : Non dimentichiamo che “l’eroe” è innanzitutto una figura letteraria; vi sono più eroi nella letteratura che non nella realtà.
D’altronde, l’eroe è una figura ambivalente : Racine spiega che l’eroe è un uomo che per sua stessa mano e in modo fatale cade in disgrazia.
Accecato dall’orgoglio che lo spinge a misurarsi con gli dei, il suo destino eroico si conclude con la caduta (che al contempo è il momento in cui ritrova la lucidità).
Ma la tragedia costituisce una “storia” che qui manca. La rapidità con cui è crollata la figura mediatica è pari a quella con cui Snowden è stato elevato la rango di eroe.
Nel contesto ultramoderno attuale, la figura eroica manca di fondamenta e scompare velocemente. Il caso Snowden assomiglia a un fuoco di paglia.
Nell’immaginario americano i moderni eroi (Martin Luther King, Rosa Parks…) sono quelli che hanno saputo opporsi allo Stato quando questo difendeva un sistema ingiusto. La situazione attuale è diversa.
Come in una tragedia, che vede l’eroe schiacciato da un destino mostruoso, la bellezza di questi eroi moderni risiede nella loro lotta di fronte al gigantismo delle istituzioni.
Snowden non adempie alle condizioni del titolo di eroe, non ha affrontato il nemico, è scappato. D’altronde la sua lotta appare ambivalente : mettere in gioco la libertà contro la sicurezza, divulgando informazioni segrete non è più nobile di mettere in gioco la sicurezza contro la libertà.”
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