Categories: Democrazia attiva

Swiss Respect: “Basta con i ricatti nei confronti della Svizzera!”

L’appello dell’Associazione alla deputazione ticinese alle Camere federali


“Il mio cliente è un imbroglione e un farabutto nel pieno rispetto delle leggi svizzere!”


La sezione di Swiss Respect per il Ticino e il Grigioni italiano è seriamente preoccupata per l’opzione unilaterale indicata dagli Stati Uniti alla Svizzera, che la Consigliera federale Eveline Widmer-Schlumpf ha proposto alle Camere federali a scatola chiusa, senza permettere ai deputati di conoscere approfonditamente i termini.

Non è accettabile questo modo di agire degli Stati Uniti e di un ministro della Confederazione che si piega alle imposizioni americane, senza che nell’accordo sussista alcun principio di reciprocità e soprattutto con l’obbligo di inviare i nominativi dei collaboratori delle banche alle autorità fiscali americane, mettendo di fatto gli svizzeri che lavorano nel settore bancario e parabancario sotto ostaggio del governo americano.

Si tratta di una richiesta inqualificabile che un Governo responsabile di uno Stato sovrano non può accettare. Tutto questo tenendo inoltre conto che sull’altare dell”accordo globale” ventilato un paio di anni fa, ma ormai irraggiungibile, sono già stati immolati circa 10’000 nominativi di collaboratori di società bancarie e parabancarie elvetiche.

Noi non crediamo in una Svizzera che denuncia gli svizzeri agli Stati esteri, noi non crediamo in una Svizzera che subisce passivamente qualsiasi diktat dei paesi terzi. Per questo chiediamo ai Consiglieri agli Stati e ai Consiglieri Nazionali ticinesi, eletti dal popolo, al quale dovranno rendere conto, di rifiutare la procedura d’urgenza sull’accordo con gli Stati Uniti, proposta dal Consiglio federale, e di voler mettere in atto quanto è in loro potere per preservare la sovranità del nostro paese, difendendo la nostra piazza finanziaria e preservando l’immunità di coloro che ci lavorano.

Swiss Respect Ticino e Grigioni Italiano


Relatore

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  • “La ricchezza di pochi darà ricchezza a tutti”, si pubblicizzava, sapendo di mentire. L'attenuazione della pressione fiscale sui grandi patrimoni, l'abolizione di norme di controllo sulle transazioni finanziarie, lo smantellamento dello stato sociale (proprio e soprattutto nei paesi che oggi reclamano regole e scambio di dati fiscali) erano gli assalti pratici della folle teoria. Ora ci troviamo nel mezzo di una crisi economica semi-planetaria che è comodamente definita "la crisi" dello Stato sociale. In realtà è la conseguenza programmata (obsolescenza programmata) del neoliberismo, cioè del volto post '89 del capitalismo. Poiché nulla sappiamo di realmente oggettivo: chi la conduce, chi la manipola, chi la finanzia, quali sono con esattezza gli obiettivi ultimi, bisognerebbe leggersi Chomsky (che non è russo) ma americano (Noam Chomsky), per capire quanto sia manipolata la faccenda. Inoltre come in ogni vicenda occulta ci sono i mandanti, cioè coloro che si rivelano solo a cose ultimate. Spesso sorprendendo la platea. Sarà caduto il comunismo anche per sue contraddizioni implicite, ma il sistema capitalistico, tronfio dell'effimero successo sullo storico antagonista, ha, alla distanza di appena vent'anni, rinnegato e cancellato ogni promessa di benessere e ogni aspettativa popolare. Ciò ha prodotto una dilagante insicurezza collettiva e la sparizione della solidarietà interpersonale: tutti contro tutti. Il prezzo di una colossale truffa che il cittadino ingannato inizia solo oggi a comprendere la reale portata.

    Oppure leggersi “La grande scacchiera” che è il titolo di un libro (apparso nel '98, ora scomparso) di Zbigniew Brzezinski, già consigliere per la sicurezza nazionale americana. Dice Brzezinski: “Per usare una terminologia che riecheggia l’epoca più brutale degli antichi imperi, tre sono i grandi imperativi della geo-strategia imperiale: impedire collusioni e mantenere tra i vassalli la dipendenza in termini di sicurezza, garantire la protezione e l’arrendevolezza dei tributari e impedire ai barbari di stringere alleanze”. Basta coniugare "vassalli" "tributari" e "barbari" in "lavoratori e salariati" e lo schema calza alla perfezione. Come non inquadrare, inoltre, in questo contesto il contenzioso fiscale contro la Svizzera? Complici? Sì, le banche svizzere, che con i loro inammissibili errori indotti dalla cieca fede turbocapitalista, hanno offerto su un piatto d’argento i motivi del riscatto. Oltrettutto gli errori commessi dalle banche (bancari?banchieri?barbari?) sono inquietanti anche per un ipotetico futuro, perché verosimilmente dimostrano la scarsa conoscenza di quei meccanismi strategici ben evidenziati da Brzezinski, che stanno alla base di ogni gesto sul piano sopranazionale.

    Ora veniamo alla decisione federale. Anche se è pur vero che la maggioranza parlamentare elvetica ha spartito, senza quasi opposizione, l’abbuffata neocapitalista assecondando il sistema bancario, è altrettanto vero che la presenza dello Stato in qualche caso è stata la soluzione necessaria. Ma in una visione liberale ortodossa, privato e/o pubblico hanno compiti separati. E tali dovrebbero rimanere. Spesso e tuttavia, nei ranghi di chi critica lo Stato, si occultano proprio coloro che paradossalmente lo vorrebbero efficiente nella protezione dei mercati e di “particolari” categorie di lavoratori. Lo stato passepartout: minimo, leggero, discosto, modesto, da una parte, (oppure in opposto) efficace, presente, virile e decisionista. In mansione bifronte, insomma. Nello specifico lo si vorrebbe impiccione. Non riesco a capire come i convinti sostenitori degli Stati discreti (..."lo Stato dell'arsenale programmatico di divieti, restrizioni, legislazioni, Stato pianificatore e redistributore di sussidi, Stato dalla burocrazia parassitaria il cui sostentamento richiede una tassazione oppressiva”... ) richiamino proprio adesso l'intervento federale. Chiamare lo Stato a proteggere la dignità degli Istituti di credito, mentre si sta consigliando come sottrarsi all'imposizione fiscale. Non si può teorizzare al mattino una democrazia partecipativa e al pomeriggio votare leggi che proteggono un sistema sociale classista; sostenere il consumismo depoliticizzato dominato dal cinismo e richiedere un'educazione alla cittadinanza. Di "quella" Svizzera non sappiamo cosa farcene. Oltre ai troppi errori, ai troppi scandali, alle troppe ricadute, ci viene chiesto di tollerare codesto temerario opportunismo. Si potranno conoscere tutte le strofe del Salmo, ma ciò non servirà a ridare a "quella" Svizzera un’illusoria dignità tale da essere diffusa con orgoglio e amor patrio.

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