La dittatura del politicamente corretto
Il Gran Consiglio di Basilea Città ha messo a segno un’operazione che segna un punto assai basso nella politica svizzera: una sorta di fossa delle Marianne istituzionale. Il parlamento in questione è infatti riuscito a cumulare due atti deplorevoli in un sol colpo.
1) dichiarare anticostituzionale un’iniziativa popolare riuscita, e questa è una grave limitazione dei diritti popolari: i cittadini non potranno esprimersi democraticamente.
2) L’iniziativa dichiarata anticostituzionale è un’iniziativa popolare dei giovani Udc che chiede l’introduzione di un divieto di mascherare il viso in pubblico, di fatto dunque un divieto (anche) di portare il burqa.
Secondo la maggioranza del parlamento cantonale di Basilea città, l’iniziativa violerebbe la libertà religiosa in assenza di un interesse pubblico preponderante. Difficile inventarsi una panzana più grossa: solo chi è accecato dal sacro dogma del politicamente corretto e subordina tutte le proprie scelte politiche al terrore di venire tacciato di razzista e xenofobo potrebbe uscirsene con considerazioni di questo genere.
Il burqa non è un precetto religioso bensì un’usanza tribale. Il burqa, che costringe la donna a sparire sotto un panno nero, è una manifesta violazione dei valori democratici su cui si regge la nostra società occidentale. Negare alla donna un’identità in pubblico, perché di questo si tratta, è contrario ai nostri principi fondamentali. Arrivare a dire che i valori cardine della società occidentale devono cedere il passo ad usanze tribali ed incompatibili con le nostre, usanze portate da immigrati che evidentemente hanno “qualche problema” con il concetto di integrazione, è un atto politicamente inaccettabile.
Come si fa a dire che questi principi “liberali” (non in senso partitico) non rappresentano un interesse pubblico? E con che coraggio, oltretutto, si nega ai cittadini la possibilità di esprimersi democraticamente sul divieto di portare il Burqa, dichiarando anticostituzionale un’iniziativa popolare riuscita? Questa è, semplicemente, dittatura del politicamente corretto. Per la maggioranza del parlamento di Basilea Città il burqa è dunque una “vacca sacra”. Al punto da renderla intoccabile sottraendola (atto gravissimo) alla possibilità di voto da parte del sovrano, ossia del popolo. La decisione del gran Consiglio di Basilea Città sancisce, a livello istituzionale, la genuflessione sempre e comunque dinanzi all’immigrato con usanze incompatibili con le nostre. Il tutto in nome della multiculturalità (completamente fallita a detta di autorevoli capi di governo europei) e del sacro dogma del politicamente corretto.
C’è quindi da sperare che, come peraltro hanno annunciato, i promotori dell’iniziativa volta a vietare la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici presentino ricorso contro la decisione parlamentare. Il Tribunale federale ha, in tempi recenti, emesso una sentenza lodevole (non era scontato): genitori musulmani non possono rifiutarsi di mandare la figlia alle lezioni di nuoto obbligatorie adducendo argomentazioni religiose: l’integrazione, e il rispetto delle nostre regole, deve venire prima. La decisione del parlamento basilese ci precipita cento chilometri indietro. Che venga cancellata in fretta e bene.
Lorenzo Quadri, consigliere nazionale della Lega dei Ticinesi
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Il Gran Consiglio di Basilea Città ha dichiarato giuridicamente inammissibile un'iniziativa popolare dei giovani UDC che - analogamente all'iniziativa anti-burqa in Ticino - intendeva proibire la dissimulazione del viso nei luoghi pubblici.
Con 72 voti contro 9 il legislativo si è oggi allineato alla posizione del governo, secondo il quale non vi è alcun interesse pubblico che giustifichi una tale limitazione dei diritti fondamentali.
I deputati UDC hanno invano cercato di convincere i colleghi a lasciare l'ultima parola al popolo sull'argomento, minacciando anche di ricorrere ai tribunali. La maggioranza ha però ritenuto che il testo è anticostituzionale perché viola la libertà personale, il diritto alla parità di trattamento, il divieto di discriminazione nonché la libertà di culto e di religione, senza che siano soddisfatti i requisiti di proporzionalità e di preponderanza dell'interesse pubblico.
Un esponente PPD ha sostenuto che l'iniziativa è contraria alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, mentre secondo un collega del PLR la normativa non sarebbe applicabile, perché colpirebbe ad esempio anche i motociclisti che, una volta posteggiato il loro mezzo, dovessero fare due passi a piedi, o chi porta occhiali sovradimensionati o ancora colui che, in una tempesta di neve, tiene alta la sciarpa.
Per i verdi liberali la proposta è semplicemente da rottamare: un'opinione condivisa anche dal PS. L'iniziativa era stata depositata nel 2012 corredata da 4000 firme.
sda-ats