Presso la Corte delle Assise criminali di Lugano, presieduta dal giudice Mauro Ermani, il 52enne germanico è stato condannato alla pena massima prevista dal codice penale svizzero, per le accuse di assassinio e appropriazione indebita.
La verità, a detta della Corte, è un’altra : Maier aveva deciso di uccidere Matteo Diebold perchè riteneva fosse l’unico modo di trarsi d’impaccio, dopo aver sperperato i 200’000 franchi che Diebold gli aveva affidato per investirli.
Come scrive oggi il quotidiano La Regione : “Maier in aula è stato definito “un narcisista, egocentrico, istrionico, la cui vita è stata costellata dal massimo profitto con il minimo sforzo, millantando di essere un esperto finanziario e truffando amici e conoscenti … al momento dei fatti stava navigando in gravi difficoltà finanziarie.”
Il giudice Ermani ha ricordato che “accertamenti contabili hanno appurato che proprio successivamente al prelevamento dei 200’000 franchi da parte di Diebold, Maier, a sua volta, eseguì dei versamenti sui suoi conti, senza mai giustificare la provenienza. Quel denaro proveniva, dunque, da Diebold.”
Commentando la notte in cui avvenne il delitto, nel novembre 2010, il giudice Ermani ha detto : “Nell’appartamento si consumò una vera e propria mattanza. Un’uccisione crudele, con inutile cattiveria e con sofferenze ulteriori per la vittima.”
Scrive il Corriere del Ticino : “La sera del delitto, Maier aveva fissato una cena con Diebold in un noto grotto. Lui così attento nel vestire e alle apparenze, si era presentato in scooter indossando una tuta da ginnastica.
La serata era trascorsa senza effusioni o altro ma anche senza grandi discussioni, poi i due erano rientrati al domicilio di Diebold.
Maier sale con una scusa nell’appartamento e appena entrato va in cucina, afferra un coltello iniziando una vera e propria mattanza in corridoio: venti colpi, ben tre dei quali trapassanti. L’imputato ha sempre sostenuto che a far scattare l’aggressione ci fosse stato un insulto da parte di Matteo Diebold, ma la Corte non ha trovato nulla in questo senso se non le bugie reiterate dell’imputato.
Dopo il fatto Maier ha ripulito la scena del crimine passando in rassegna l’appartamento, indifferente all’amico che giaceva morto o moribondo a terra, cercando documenti o altro in grado di comprometterlo, preoccupandosi nel contempo di sistemare strategicamente una serie di oggetti che, secondo il suo piano, avrebbero dovuto far ricadere la colpa dell’aggressione sul compagno di Matteo.”
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