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Disoccupazione giovanile e aiuti concreti della città – di Roberto Badaracco

In tempi di crisi il lavoro, in tutte le sue molteplici declinazioni, costituisce un bene ancor più prezioso per rapporto a cosiddette situazioni congiunturali normali. Da sempre al centro di tutte le politiche liberali, e degli indirizzi legislativi applicativi in questi settori, vi è l’incentivazione di nuove opportunità lavorative per uscire dalle recessioni, conquistare nuove posizioni di mercato e in ultima analisi accrescere il benessere dei cittadini.

Purtroppo la crisi economica persiste e i conti pubblici sono sempre più in rosso. Soprattutto la disoccupazione giovanile rappresenta una piaga difficilmente superabile in tempi difficili, un male che porta con sé disagio sociale, conseguenze d’ordine economico-finanziario e pure il rischio della povertà per le categorie più colpite. Non vi è settore immune. Quello bancario e parabancario in Ticino ha perso oltre mille posti di lavoro negli ultimi 10 anni, e 10 istituti di credito hanno dovuto chiudere o si sono spostati altrove. L’analisi congiunturale a livello cantonale evidenzia un quadro a tinte fosche, con tassi di disoccupazione di oltre il 5 per cento, ben oltre le medie nazionali.

Da subito Lugano si è concentrata nel creare nuove opportunità di lavoro. Fattore scatenante è stata la constatazione che il numero di persone disoccupate nel distretto di Lugano era maggiore per rapporto alla media cantonale e che nel solo Luganese vi era la presenza di quasi il cinquanta per cento del numero globale dei disoccupati ticinesi. Senza accennare alla disoccupazione giovanile, con percentuali ancora maggiori. Purtroppo oggi i giovani, a differenza di quanto accadeva in passato, si trovano in serie difficoltà nel trovare un’occupazione a loro confacente.

A tutto questo il Comune di Lugano ha voluto porre rimedio stanziando aiuti concreti con l’obiettivo di invertire la tendenza e di migliorare la situazione generale. In tempi recenti sono stati concessi complessivamente crediti per quasi 45 mio di franchi. Con un primo pacchetto anticrisi si è voluta stimolare la creazione di misure attive ordinarie e straordinarie per sviluppare l’occupazione, incrementando l’offerta di posti di apprendistato e di stages professionali. Parimenti si è voluto agire con misure puntuali di sostegno sociale a favore delle fasce più bisognose della popolazione. Il terzo settore d’azione comprende investimenti nel mattone a favore di piccole e medie imprese con un intento prettamente anticiclico.

Gli interventi della città vogliono essere mirati, ponderati, sussidiari e sempre complementari a quelli cantonali, a copertura di effettivi bisogni sociali generati da oggettive difficoltà di accesso al mercato del lavoro. Le opportunità offerte sono a carico esclusivo dell’ente pubblico, ma di fatto contribuiscono a correggere distorsioni che le sole imprese private non potrebbero modificare se non solo parzialmente. In tal maniera si dà la possibilità a tantissimi giovani di inserirsi per la prima volta nel mondo del lavoro e di accumulare esperienza migliorando la propria formazione pratica. L’obiettivo ultimo è quello di fornire loro le basi indispensabili per trovare un impiego lavorativo stabile e permanente.

Grazie ai numerosi settori in cui opera, il Comune è in grado di offrire un ventaglio di posti di lavoro che copre un largo spettro di professioni e di manualità, neppure riscontrabile in altre aziende private. In fondo questo rappresenta il vero valore aggiunto dell’offerta pubblica nei confronti di quei tanti giovani stagieres che vogliono porre fine ad un pericoloso precariato.
Questo immane sforzo di Lugano, che non ha certamente costo zero, è onestamente esemplare e non conosce pari realtà nel resto del Cantone. Quale maggiore polo cantonale la città vuole prodigarsi per il bene dei suoi cittadini e i frutti, sulla base dei primi risultati, sono lì da vedere. Un mini sondaggio effettuato attesta di un alto grado di soddisfazione da parte dei fruitori di queste misure.

Il fine ultimo è quello di poter integrare rapidamente questi giovani nel ciclo produttivo, rendendoli indipendenti ed autonomi dal profilo economico-finanziario. Un impiego adeguatamente retribuito costituisce l’antidoto principale contro possibili derive personali e ben più gravi disagi sociali. In verità in una società globalizzata fornire possibilità di realizzazione e di lavoro per i giovani rappresenta un compito sussidiario dello Stato quando la società civile (aziende ed imprese) non è momentaneamente in grado, per varie ragioni (crisi e congiuntura sfavorevole), di garantire un futuro alle giovani generazioni.

Roberto Badaracco
Deputato in Gran Consiglio e Capogruppo CC Lugano


Relatore

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  • Come ho avuto modo di far osservare nel mio post su Edoardo Cappelletti, a Lugano lo scontro è tra socialisti di tutti i partiti. E l'avv. Badaracco ci offre un esempio concreto di costruttivismo keynesiano (da lui definito "liberale") portato avanti (e come potrebbe essere altrimenti!) con i soldi degli altri. Mai una volta che permettano ai cittadini di provare cosa ne sarebbe del ciclo economico se quei soldi fossero lasciati nelle mani dei legittimi proprietari. No, devono passare nelle mani dei principi illuminati allocati nelle cosiddette "Istituzioni". Sono loro che, sempre con i soldi degli altri, si incaricano di stimolare, sovvenzionare, creare posti di lavoro socialmente utili e chi più ne ha (di idee melense) e più ne metta. Insomma la solita minestra riscaldata: sono degli illusionisti, formidabili nell'enfatizzare ciò che si vede e ancora più formidabili nel celare ciò che non si vede. Aggiungerei che non dicono neppure la verità o, in termini più diretti, sono dei bugiardi. Tutte le volte che si parla di disoccupazione non c'è un politico che dica la verità. Nel 2009 volli vederci chiaro e ebbi un colloquio con Montorfani, che mi inviò tre opuscoletti in PDF. Quello di Pau Origoni e Fabio B. Losa dell'Ufficio Statistica a titolo "26'000 disoccupati in Ticino?"(chi è interessato a riceverlo mandi una mai a partitoliberista@ticino.com e lo avrà) mi lasciò esterefatto; la situazione in Ticino era la seguente:

    a) 6'628 iscritti che diventavano 8'200 secondo il RIFOS (Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera dell'Ufficio federale di statistica (UST), che rileva la disoccupazione "definita secondo le norme internazionali" come "la situazione di chi è senza lavoro, è alla ricerca e sarebbe disponibile ad assumere un impiego in tempi brevi, indipendentemente dalla condizione di iscrizione ad un URC"

    b) 9'800 sottoccupati definiti come "occupati a tempo parziale che dichiarano di voler lavorare di più e che sarebbero pronti ad assumersi il maggior carico di lavoro in tempi brevi

    c) 7'800 inattivi prontamente disponibili, che richiamano il concetto internazionale di "scoraggiati" nella ricerca di un'occupazione

    Non voglio entrare nel merito della disputa se questa situazione sia colpa dei frontalieri, dei bilateri, della crisi finanziaria che picchia duro ecc. Di una cosa sono però sicuro. Con l'interventismo keynesiano stile Badaracco si vede il disoccupato che trova il lavoro "socialmente utile" e non si vede il disoccupato che si crea per il fatto di aver impedito ai legittimi proprietari di spendere come avrebbero voluto il loro denaro. Alla fine il conto, per il lavoro nazionale, è zero. Non lo è per i politici, che sbandierano l'occupato che si vede e celano il disoccupato che non si vede.

    MXM
    Ceterum censeo BNS (BCE, FED ecc.) delendam esse

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