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Guerra Israele-Hamas. Lo stretto margine di manovra dell’Egitto

Dall’inizio degli scontri tra Israele e Hamas – il 14 novembre – un dilemma attanaglia il presidente egiziano Mohamed Morsi : come distanziarsi dall’ex regime di Hosni Moubarak senza uscire dallo stretto riquadro della pace con Israele e senza guastare di fronte agli Stati Uniti l’immagine di essere un paese responsabile?

Morsi fa parte della potente confraternita dei Fratelli musulmani, alla quale appartiene anche il movimento palestinese Hamas. Inoltre Morsi era stato eletto alla presidenza dell’Egitto anche perchè aveva promesso di non più inchinarsi di fronte a Israele.
Nel tentativo di trovare una soluzione a un conflitto che potrebbe essere peggiore di quello del 2008, da mercoledì Morsi moltiplica le sue iniziative diplomatiche, nella speranza che prima o poi qualche influenza possa averla.

La decisione più importante sinora è stato l’invio, venerdì mattina, del suo primo ministro Hicham Qandil, nei territori palestinesi.
A dimostrazione dell’importanza accordata da Israele al nuovo regime egiziano – di cui Tel Aviv ancora non riesce a capire bene la traiettoria – va sottolineato come il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahou abbia accettato di sospendere l’offensiva aerea sulla Striscia di Gaza durante la presenza di Qandil nei Territori.

Qandil aveva lo scopo di negoziare e ottenere una tregua negli scontri. Stati Uniti e Francia hanno chiesto al governo egiziano di usare la sua influenza presso il movimento Hamas per ottenere il ritorno alla calma. Ma il margine di manovra della diplomazia egiziana è molto ridotto.

Il presidente Morsi deve tener conto di tre fronti in piena contraddizione : Un’opinione pubblica anti-israeliana, a iniziare dai Fratelli musulmani; gli Stati Uniti, che avevano criticato la sua esitazione nel condannare il degrado presso l’ambasciata americana al Cairo in settembre, dopo la pubblicazione del controverso film “Innocence of muslims”; e Hamas che spera in una solidarietà attiva da parte della confraternita egiziana e che è deluso dalla decisione di Morsi di chiudere, durante l’estate, il valico di frontiera di Rafah.
Mentre venerdì i Fratelli musulmani si apprestavano a manifestare al Cairo contro gli attacchi israeliani sulla Striscia di Gaza, attraverso il suo emissario il presidente Morsi cerca di portare la calma a Gaza.
L’ambasciatore egiziano a Tel Aviv è stato fatto rientrare mercoledì, causando la partenza dell’ambasciatore israeliano dalla sede diplomatica del Cairo, ma nelle retrovie i responsabili dei due paesi continuano a discutere per giungere a una soluzione del conflitto.

Redazione

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  • Intanto, il nostro pacifico e mansueto Abu Mazen fa vista anche a Berna a elemosinare consensi per la creazione dello stato palestinese e fra le altre cose, parla anche di pace.

    Ma finché si impunterà a proclamare: ''Pace significa uno stato palestinese con Gerusalemme capitale'', non ci potrà mai essere nessuna pace.

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