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Leggende e mistero dei calamari giganti

Il calamaro colossale (Mesonychoteuthis hamiltoni) è il più grande invertebrato del pianeta. Vive nelle acque dell’Antartide a circa 2’000 metri di profondità e non è mai stato osservato nel suo ambiente naturale.

Le ricerche condotte su un esemplare lungo 10 metri catturato accidentalmente nel 2007 ha fornito agli studiosi le prime informazioni su questa creatura marina.
Gli studiosi lo definiscono un predatore pigro, che afferra la preda che gli passa sono il naso o che sta fermo in agguato. Un tipico pasto del calamaro colossale – un pesce dei ghiacci attorno ai cinque chili – può consentirgli di sopravvivere per 200 giorni.
Il suo fabbisogno energetico è circa 300 o 600 volte inferiore di quello delle balene, i principali predatori antartici. Poichè non caccia in maniera attiva è probabile che i suoi grandi occhi siano un adattamento per sfuggire a predatori come squali o capodogli.


Il celebre disegno del 1801 di Pierre Denys de Montfort si basava sui racconti di un gruppo di marinai francesi che avevano presumibilmente avvistato un calamaro gigante.
Furono proprio avvistamenti come questi ad alimentare la leggenda che narra di un terribile mostro marino in grado di attaccare e stritolare fra i propri tentacoli un intero vascello.

Per secoli l’esistenza dei calamari giganti fu testimoniata proprio solamente dalle leggende diffuse tra i marinai e anche oggi gli avvistamenti sono rari: il primo calamaro vivo era stato catturato nel 2006.
Quasi tutto ciò che si conosce di questo invertebrato deriva da studi effettuati su carcasse spiaggiate o catturate nelle reti dei pescatori o su resti nello stomaco di animali più grandi che se ne erano nutriti.
Proprio per questo fece scalpore il ritrovamento di numerosi calamari giganti morti all’inizio dello scorso decennio al largo della costa delle Asturie, in Spagna. Mai se ne erano visti tanti e tutti insieme.
Uno studio aveva poi rivelato che la strage potrebbe essere stata causata dal rumore dei sonar.
Poco prima che i corpi venissero a galla, alcune navi avevano usato cannoni ad aria compressa per emettere suoni a bassa frequenza nelle profondità marine.
Le rilevazioni sonar dovevano anche servire a indagare sulla possibile presenza di giacimenti di petrolio o gas naturali.
I suoni a bassa frequenza potrebbero aver causato danni alle statocisti, gli organi di senso che si trovano dietro gli occhi dei calamari e permettono loro di mantenere l’equilibrio e l’orientamento.
Il danno potrebbe averli disorientati, spingendoli verso la superficie, dove la differenza di temperatura li avrebbe uccisi.

(Fonte : National Geographic.it)

Redazione

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