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Stati e banche, interdipendenza pericolosa

La connivenza tra il settore pubblico e quello bancario esiste da tempo. Una relazione che discredita il potere politico, suscettibile di trasformarsi in una crisi sociale e politica.
Un’analisi del finanziere Paul Goldschmid, nel portale d’informazione Atlantico.fr
.

“La crisi di fiducia nel sistema bancario, associata alla mancanza di coraggio politico degli Stati e all’impotenza dell’Unione europea è alla base di un miscuglio capace di trasformare la crisi finanziaria in catastrofe politica e sociale irreversibile.
Le recenti rivelazioni riguardanti il coinvolgimento delle maggiori banche del pianeta nelle manipolazioni fraudolente del tasso interbancario Libor, sono capaci di portare un colpo fatale alla reputazione già malmessa dei banchieri.
Al contempo, altre istituzioni confessano violazioni della regolamentazione sul riciclaggio di denaro, trasgressioni di embargo ufficiali e assistenza in frode fiscale.

Già si sapeva che i regolatori e i supervisori avevano largamente fallito nel loro mandato. Hanno tentato di giustificare le debolezze con i loro poteri limitati, confinati al territorio nazionale.
Gli ultimi sviluppi sembrano rivelare una connivenza colpevole di lunga data tra il settore pubblico e quello bancario, che rendendoli progressivamente interdipendenti l’uno dall’altro, ha ridotto la capacità di controllo che il settore pubblico doveva esercitare sulle banche.
In effetti, gli Stati dipendono dalle banche, per il piazzamento del loro debito, ma le banche si appoggiano agli Stati per assicurare la fiducia delle controparti, dei creditori.
Sapendosi in posizione di forza (too big to fail), le banche sono arrivate anche a ricattare i governi per influenzare le leggi considerate troppo severe (Volker rule, ecc.).
D’altra parte, con il pretesto di rinforzare i fondi propri delle banche (Basilea III) per evitare un nuovo salvataggio da parte dei contribuenti, gli Stati hanno favorito l’accumulo dei profitti, chiudendo deliberatamente gli occhi su pratiche coma la manipolazione dei tassi, di cui erano stati pure informati.

Le deposizioni, dei banchieri e dei regolatori, di fronte alle commissioni d’inchiesta parlamentari negli Stati Uniti e in Gran Bretagna hanno mostrato la vastità della relazione incestuosa tra i protagonisti.
Siccome gli esperti erano esclusivamente del settore finanziario, i politici si sono lasciati abbindolare da dossier complessi. E’ vero anche l’opposto, quando il politico adotta misure senza consultazione, come ad esempio lo statuto di creditore privilegiato per il Fondo europeo salva Stati, il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria o ancora la Banca centrale europea.
Una prima conseguenza di queste derive è il danno considerevole inflitto alla reputazione della City di Londra e al suo statuto di mercato finanziario mondiale. Il legislatore americano e le autorità della Zona euro hanno già avviato le pratiche per riprendere sotto il loro controllo le operazioni a rischio delle filiali delle loro banche a Londra, dove le avevano delocalizzate per le regolamentazioni vantaggiose, ma il cui lassismo si è rivelato disastroso (AIG, Morgan Chase, UBS, ecc.).
A livello di Unione europea la City faticherà a trovare dei difensori per esonerarla da una disciplina comunitaria rinforzata del settore finanziario.
Il progetto d’integrazione dell’UE rischia di essere sabotato se il potere politico non riesce a guadagnare la fiducia del cittadino, unica giustificazione della legittimità della sua autorità. E’ anche un preambolo obbligatorio al ripristino della fiducia nel sistema finanziario, marcio sino al midollo, che è un’altra condizione necessaria per uscire dalla crisi.”

Redazione

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