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Guido Robotti sull’Obamacare

Ospitiamo oggi con piacere un secondo contributo, di grande attualità, del dottor Guido Robotti, membro del Comitato direttivo di AreaLiberale, che si esprime sulla dibattuta riforma “Obamacare”.

Nonostante la riforma sanitaria i costi della sanità rischiano di compromettere la competitività degli U.S.A.

In Europa la solidarietà nei confronti della malattia rappresenta uno dei diritti del cittadino, negli Stati Uniti l’introduzione di un’assicurazione malattia per tutti ha suscitato un’ampia discussione. Molti i contrari per diversi motivi, anche se l’argomento più frequente era sostanzialmente di principio: lo stato non avrebbe dovuto imporre ulteriori obblighi al cittadino. Proprio per tale ragione la corte suprema degli Sati Uniti, che ha dovuto esprimersi in ultima istanza sulla costituzionalità dell’introduzione dell’obbligo assicurativo, ha sentenziato che lo stato non può obbligare il cittadino ad assicurarsi, ma può imporre una tassa ai cittadini privi di assicurazione.

Questa riforma sanitaria, chiamata Obamacare, permette sostanzialmente a circa 30 milioni di americani di accedere ad una assicurazione malattia. Contrariamente a quanto spesso affermato i cittadini meno abbienti erano già coperti nel programma sanitario denominato Medicaid. Tutti i cittadini con attività lavorativa e i loro famigliari sono assicurati tramite il datore di lavoro, lo stesso vale per i pensionati. Non assicurati sono circa 30 milioni di cittadini che non hanno attività lavorativa. Circa la metà sono persone con reddito appena superiore alla soglia di povertà che nuovamente beneficeranno di una copertura nell’ambito del Medicaid. L’altra metà sono cittadini più abbienti che dovranno stipulare una polizza secondo le loro esigenze e/o le loro possibilità finanziarie. Le compagnie di assicurazione: non potranno, rifiutarsi di assicurare chi è già in precarie condizioni di salute, né fissare un tetto di spese mediche per un paziente; il contesto economico per loro rischia di essere più difficile, mentre per i gruppi ospedalieri, i laboratori e le aziende fornitrici di prestazioni e materiale sanitario le prospettive sono evidentemente di un aumento di fatturato. Per ridurre i costi crescenti di Medicare – il programma di assicurazione sanitaria per anziani e persone con disabilità – la legge prevede una commissione di esperti per limitare i rimborsi governativi ai trattamenti realmente effettuati ed elargire degli incentivi a coloro che forniscono ‘pacchetti’ assicurativi. La riforma costerà al governo circa 938 miliardi in 10 anni a fronte di potenziali risparmi di 138 miliardi.

Ormai archiviata l’introduzione di questa riforma, vale la pena cogliere l’occasione per analizzare il problema della spesa sanitaria per la competitività dell’industria americana, in particolare quella confrontata con la concorrenza internazionale. Il sistema sanitario americano è quello con il costo pro capite più alto al mondo se rapportato al PIL. Gli altri paesi del gruppo di testa, tra i quali la Svizzera, seguono a notevole distanza. La riforma non tocca le attuali coperture assicurative offerte dalle aziende ai loro dipendenti, molte ancora frutto di trattative con i sindacati avvenute prima dell’avvento della crisi economica. L’industria automobilistica ad esempio ha calcolato che nel costo di ogni vettura prodotta negli Stati Uniti siano compresi circa 1500 Dollari di costi legati alla copertura sanitaria, costi che in Europa e in Giappone sono distribuiti sulla collettività.

Inizialmente la riforma si era prefissa di affrontare il problema delle polizze definite di lusso proponendone la sostituzione con assicurazioni a costo più contenuto; proposta affossata dai sindacati, che non dimentichiamo sono la base elettorale dei promotori della riforma sanitaria. Per l’industria confrontata con la concorrenza estera l’irrisolto problema dei costi legati alla copertura sanitaria sarà verosimilmente di vitale importanza nel prossimo futuro.

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