Il dado è tratto o, meglio, il referendum è lanciato. Stiamo parlando ovviamente del referendum contro gli accordi fiscali con Gran Bretagna, Germania ed Austria. Accordi che prevedono liberatorie con tassi esorbitanti, anche superiori al 40%, che non contemplano la reciprocità, che spalancano la porta alle fishing expeditions e che ciliegina sulla torta – obbligano la Svizzera a fungere da esattore fiscale per Stati che non sono in grado di far pagare le imposte ai propri cittadini: cosa, questa, che non sta né in cielo né in terra.

I citati accordi fiscali, conclusi dalla ministra delle Finanze del 5% Eveline Widmer Schlumpf – che fa una politica di sinistra poiché dalla sinistra è stata eletta, in flagrante violazione delle più elementari regole democratiche – avranno conseguenze catastrofiche sulla piazza finanziaria svizzera in generale e ticinese in particolare.

Nicolas Pictet, presidente dei banchieri privati, ha parlato di un terzo dei posti di lavoro a rischio. Il minimo che si può dire, naturalmente, è che Pictet poteva anche svegliarsi prima, invece di tentare di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati e gli accordi già votati alle Camere federali. Lo stesso discorso vale per i delegati cantonali e federale alla protezione dei dati, che a mezzanotte meno cinque si sono svegliati a difendere il segreto bancario in quanto tassello essenziale della protezione della sfera privata. Dov’era il signor Pictet, dov’erano i delegati alla protezione dei dati negli ultimi due anni, quando il segreto bancario veniva smontato per pezzo dal Consiglio federale?

Un paio d’anni fa l’allora ministro delle Finanze Merz dichiarava: “Il segreto bancario non è negoziabile”. Adesso il Consiglio federale, a suon di cedimenti quotidiani, autorizza addirittura le fishing expeditions. Sì perché l’accordo con la Germania permette a quest’ultima di effettuare ogni anno 500 controlli campione sui conti di cittadini tedeschi. Se questa non è una fishing expedition ne è per lo meno una stretta parente. E – poco ma sicuro – il peggio deve ancora venire.

Le grandi banche

Le grandi banche possono non piacere. Ma il referendum contro questi accordi non è affatto un favore alle grandi banche le quali, anzi, appoggiano la svendita della piazza finanziaria svizzera operata dalla ministra delle Finanze abusiva. Alle grandi banche interessa mettere una pietra su irregolarità passate e garantirsi l’accesso senza problemi ai mercati degli Stati firmatari. A loro, poco importa lo sfascio della piazza finanziaria svizzera e la perdita di un terzo (se non di più) dei suoi posti di lavoro. Quello che non guadagnano qui, lo guadagneranno altrove. Ad esempio a Singapore. O a Londra. Sì, perché mentre il governo svizzero cala pavidamente le braghe
davanti alle pretese di un’Unione europea fallita, all’interno dell’UE i paradisi fiscali rimangono. Rimangono e si rafforzano.

Precedente deleterio

E’ poi evidente che gli accordi sottoscritti con Germania, Gran Bretagna ed Austria rappresentano un pericoloso precedente per le trattative con l’Italia. Infatti, poco ma sicuro è che la ministra del 5% andrà a promettere liberatorie del 40% e cederà su tutta la linea anche con un paese in bancarotta quale è la vicina Penisola. La quale, sia detto per inciso, da eventuali accordi Rubik otterrà comunque solo briciole poiché il cittadino italiano, e a ragione, non ha più alcuna fiducia nel proprio governo non eletto, avendo quest’ultimo sfacciatamente infranto la parola data: i capitali scudati sono infatti stati tassati, ritassati, e tassati ancora.

Salviamo migliaia di posti di lavoro

Lanciare il referendum contro gli accordi fiscali non significa affatto fare un regalo alle grandi banche. Significa, invece, difendere svariate migliaia di posti di lavoro in Ticino. Posti che andranno semplicemente persi se i trattati in questione dovessero entrare in vigore. Chi vuole migliaia di bancari disoccupati in più? Chi vuole una caduta del gettito fiscale e dei consumi generati da questi bancari? Noi no di certo! Dov’è la $inistra con i piedi al caldo, sempre pronta ad inveire contro gli sgravi fiscali, quando qui si preparano enormi perdite anche per l’erario pubblico? Per cui, se non volete buttare a mare migliaia di posti di lavoro, firmate e fate firmare il
referendum!

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi