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Non è l'euro che va salvato, ma l'economia europea – Philippe Herlin

Riunito all’inizio della settimana scorsa, l’Eurogruppo non è stato capace di mettersi d’accordo sul secondo piano di aiuti alla Grecia e le decisioni sono state rinviate. Però il tempo stringe : Irlanda e Portogallo si mostrano insolventi come la Grecia, mentre Spagna e Italia mostrano segni crescenti di fragilità.

La Zona euro fa fronte a un rischio tsunami (crash + panico) che provocherebbe danni considerevoli alla sua economia. E’ urgente agire e all’altezza degli eventi, piuttosto che focalizzarsi sulla Grecia, che è solo un sintomo.

Né euro a ogni costo, né ritorno alle monete nazionali
Che fare? Da un lato vi sono quelli che vogliono salvare l’euro a ogni costo. Una posizione stupida, quel che si deve salvare ad ogni costo è l’economia europea, il sistema finanziario e il risparmio delle economie domestiche.
La moneta è solo un mezzo, deve ispirare fiducia, essere stabile, non manipolata dalle autorità politiche, in maniera da facilitare, senza influenzarle, le decisioni dei diversi agenti economici (investimento, risparmio, consumo).
Di fronte vi sono altri che vogliono abbattere l’euro e ritornare alle monete nazionali, promettendoci così di risolvere in un colpo solo tutti i problemi.
Bugie : la Francia aveva problemi di crescita, disoccupazione, deficit commerciali e di bilancio già prima della messa in opera dell’euro!
Del resto, il forte intreccio delle economie europee non rende per nulla sconveniente una moneta sovranazionale che facilita gli scambi e elimina il rischio di cambio. D’altronde non ci si può lamentare dell’egemonia del dollaro e restare ognuno per sé.
E non parliamo delle soluzioni barocche come l’euro forte (nell’Europa del Nord) e l’euro debole (nell’Europa mediterranea) perché non sarebbe assolutamente valido (Francia e Grecia sulla stessa barca!). Oppure della creazione di euro obbligazioni, che indebiterebbero ancora di più l’Europa senza risolvere alcunché.

Una moneta comune piuttosto che una moneta unica
Da parte nostra proponiamo di ritornare alla proposta degli inglesi, in occasione dell’istituzione dell’euro : fare una moneta comune piuttosto che una moneta unica. Una moneta unica è un progetto tecnocratico, fidiamoci del pragmatismo inglese !
Grecia, Portogallo, Irlanda tornerebbero alle loro monete nazionali per ritrovare margini di manovra, mentre il loro debito – sempre formulato in euro – sarebbe ristrutturato, in ogni caso è inevitabile, ma questi paesi potrebbero così ritrovare il cammino della crescita, invece che rinchiudersi in logiche deflazionistiche. Le imprese e le banche di questi paesi continuerebbero a usare l’euro per i loro scambi con l’Europa (così come i commercianti delle zone turistiche).
Se paga le spese quotidiane nella moneta nazionale, il singolo potrebbe piazzare una parte del suo risparmio in prodotti formulati in euro. Si arriverebbe così all’idea molto liberale della « concorrenza delle monete » : se lo Stato gestisce male la sua moneta e questa si svaluta troppo, le persone trasferiscono i loro risparmi verso prodotti in euro, accentuando così la sua perdita di valore e obbligando il governo a un maggior rigore. Un meccanismo di richiamo molto sano.

L’euro non è la causa dei nostri mali, ma è piuttosto un rivelatore
La Germania resterebbe evidentemente integralmente nell’euro, così come la Francia. L’euro non è la causa dei nostri mali, che sono più datati, è solo un rivelatore, essenzialmente della nostra mancanza di competitività e del peso troppo importante dei prelievi obbligatori. Un ritorno al franco francese porterebbe una tregua di breve durata, nulla di più.
La Spagna e forse l’Italia potrebbero tornare alle loro monete nazionali senza avere bisogno di ristrutturare il loro debito pubblico, in quanto il ritorno alla crescita permette loro di far fronte agli impegni.
In questo modo il contagio della crisi verrebbe fermato di colpo, l’euro ritroverebbe la piena fiducia degli europei e degli investitori e finalmente si potrebbe parlare di temi economici importanti : competitività, innovazione, il posto della Francia e dell’Europa nella mondializzazione.

Philippe Herlin
economista e ricercatore finanziario,
docente presso il Cnam, Conservatoire national des arts et métiers di Parigi

– traduzione dal francese di Ticinolive. Riproduzione consentita citando la fonte

Redazione

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