Il paradiso turistico delle Maldive, 330mila abitanti, 1192 isole di cui 200 abitate, ha un lato di cui non si parla sovente. Un baratro separa i ricchi dai poveri, la corruzione dilaga, lo choc delle civiltà è sempre più evidente, l’islamismo radicale guadagna terreno, il paese soffre del riscaldamento climatico, la disoccupazione e la droga sono piaghe diffuse.
Dapprima buddisti, gli abitanti delle Maldive si sono convertiti all’Islam attorno al 12esimo secolo. I circa 900mila turisti che ogni anno arrivano in questa terra incantata non lo sanno. Atterrano all’aeroporto di Malé, la capitale e vengono portati all’hotel, alla loro isoletta e solitamente durante il loro soggiorno incontrano solo persone legate all’ambiente alberghiero.
Il governo vuole evitare i contatti tra i turisti e la popolazione locale, vuole che restino due mondi separati. L’accesso alle isole dove sorgono le strutture alberghiere è severamente regolamentato.
A pochi chilometri dai turisti che si abbronzano sulle spiagge di sabbia bianca, gli islamisti approfittano della gioventù disoccupata per arruolare nuovi adepti. Da anni gli studenti delle Maldive vanno a studiare nei paesi arabi del Golfo o in Pakistan, sovente grazie a borse di studio pagate da questi paesi, per poi tornare in patria indottrinati con idee estremiste.
Parallelamente, predicatori pachistani e sauditi si recano nelle Maldive per divulgare un Islam aggressivo. Nel 2007, vi era stato un primo allarme di questo estremismo dilagante quando un attentato nella capitale Malé aveva ferito 12 turisti.
Il colpo di Stato del 7 febbraio scorso è scaturito dall’alleanza tra le forze di sicurezza e il partito islamista Adhaalath, sostenitore del nuovo presidente. Questa formazione aveva già fatto parlare di sè quando aveva ottenuto, per un breve periodo, la chiusura dei wellness negli hotel, considerati luoghi di offesa alla morale.
Martedì scorso, dopo le dimissioni forzate del presidente Mohammed Nasheed, un gruppo di estremisti ha voluto celebrare l’inizio di una nuova era facendo irruzione nel Museo nazionale e distruggendo dei buddha in calcare e in corallo, testimonianze inestimabili del passato buddista dell’arcipelago.
(Ticinolive/Le Figaro.fr)
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