Dopo il terremoto di magnitudo 9 che l’11 marzo 2011 aveva colpito la costa nord-est del Giappone provocando lo tsunami all’origine del disastro nucleare alla centrale di Fukushima, in questa città permane alta l’allerta sismica.
Gli scienziati delle università di Tohoku e Tsinghua raccomandano di rinforzare le strutture di sicurezza attorno alla centrale. L’analisi delle faglie che hanno provocato il terremoto dell’11 marzo e le repliche nelle settimane successive, indicano che il pericolo sismico non è ancora passato.
Il Giappone si situa nel punto di incontro di quattro placche litosferiche : la placca dell’Eurasia, quella del Pacifico, quella delle Filippine e quella di Okhotsk.
A est dell’arcipelago la placca del Pacifico si insinua sotto quella di Okhotsk e le frizioni tra queste due placche hanno causato il terremoto dell’11 marzo.
Da quel giorno sono stati oltre 24mila i movimenti sismici minori attorno alla zona dell’epicentro, contro i circa 1’000 registrati negli ultimi dieci anni.
Gli scienziati studiano questi episodi tramite la tomografia sismica, basata sull’analisi delle onde emesse dai terremoti e che permette di scoprire anomalie strutturali.
In questo modo, a livello della faglia di Idosawa che si trova proprio sotto Fukushima e che aveva causato la replica sismica dell’11 aprile, è stato rilevato che un aumento della temperatura e della pressione ha causato la disidratazione dei minerali che compongono la placca.
I fluidi formati, meno densi, sono saliti alla superficie della crosta superiore, raggiungendo la faglia e riducendo la frizione in certi punti.
A termine, questa riduzione può generare forti scosse sismiche proprio sotto la centrale nucleare di Fukushima.
(Ticinolive/Futura-Sciences.com)
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