La pericolosa tensione che esiste tra Israele e Iran si arricchisce di un nuovo preoccupante episodio.
Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahou accusa Teheran di essere all’origine degli attentati che ieri hanno colpito le ambasciate dello Stato ebraico a New Delhi, in India e in Georgia.
La probabilità di un attacco militare da parte d’Israele non viene più messa in discussione. L’unico elemento ancora incerto è quando questo accadrà. Un attacco che Israele condurrebbe contro tutte le installazioni nucleari iraniane, magari con la cooperazione delle forze statunitensi.
Replicando a Netanyahou, il presidente iraniano Ahmadinejad accusa i servizi segreti di Israele di aver ordinato l’uccisione, negli ultimi due anni, di cinque scienziati nucleari iraniani e di un generale responsabile del programma dello sviluppo dei missili a lunga gittata.
Lo Stato ebraico viene anche accusato per una campagna di sabotaggio informatico che ha messo fuori uso centinaia di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio.
Stando agli esperti stranieri, gli attacchi del Mossad avrebbero effettivamente ritardato di diversi anni il programma nucleare iraniano.
I responsabili israeliani non smentiscono ma fanno notare che si tratta unicamente di una tecnica di ritardamento: malgrado gli “incidenti” e le sanzioni internazionali, al massimo fra un anno l’Iran disporrà dell’arma atomica.
Di fronte a questa prospettiva, il premier Netanyahou e il ministro della Difesa Ehoud Barak ritengono che Israele deve attaccare l’Iran per evitare una nuova Shoah.
Una posizione che non fa l’unanimità. Per lanciare l’attacco Netanyahou deve avere il sostegno della maggioranza del 14 membri dell’Ufficio della sicurezza e questo al momento non è il caso, così come il benestare del Capo dello Stato maggiore, il generale Benny Gantz. Un preavviso favorevole che però non è arrivato.
Il precedente capo dell’esercito, il generale Gaby Ashkenazi, non era contrario a un attacco militare contro l’Iran, ma a condizione che Israele fosse spalleggiata da truppe di paesi alleati.
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