Oggi al processo in corso al Cairo contro Hosni Moubarak, uno dei pubblici ministeri ha chiesto la pena di morte per l’ex presidente egiziano, per il suo ex ministro dell’interno Habib el Adli e per altri sei collaboratori del governo, suscitando grida di giubilo in aula.
Quella di oggi era l’ultima udienza dedicata alla requisitoria dei pubblici ministeri nel processo contro Moubarak e gli altri imputati, tutti accusati di aver ordinato l’uccisione di 846 manifestanti in piazza Tahrir nei giorni della rivoluzione iniziata il 25 gennaio.
Come per le udienze precedenti, decine di poliziotti sono stati disposti intorno all’Accademia di Polizia, alla periferia del Cairo, in cui si svolge il processo.
Da una parte sostenitori di Moubarak, con sue foto e scritte in sua difesa, dall’altra manifestanti antiregime e parenti delle vittime di piazza Tahrir.
Il procuratore capo, Moustafa Souleiman, che ieri aveva definito l’ex presidente egiziano un dirigente tirannico, responsabile di aver falsificato la volontà del popolo tramite brogli eelettorali, ha sostenuto la responsabilità politica e legale di Moubarak per le violenze contro i manifestanti.
Tutti i testimoni interrogati – ha detto ancora il procuratore – hanno confermato che la polizia non avrebbe potuto sparare contro la folla se non fosse stata autorizzata dall’alto.
“Se la pena di morte è prevista per l’uccisione di un uomo – ha chiesto Souleiman – che cosa si deve decidere per quella di centinaia di persone?”
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