Il Dalai Lama, capo spirituale del Buddismo tibetano, ha dichiarato oggi a Tokyo che il genocidio culturale ad opera della Cina in Tibet è responsabile del decesso dei religiosi che in questi mesi si sono dati fuoco per protesta.
“Sul tetto del mondo è in corso un genocidio culturale – ha detto in conferenza stampa – Nel corso degli ultimi 10, 15 anni l’autorità cinese è stata particolarmente severa. Ecco perché assistiamo a questi tragici eventi.”
Dal suicidio di un giovane monaco, lo scorso marzo, che si era dato fuoco per protestare contro la repressione religiosa, ben undici, tra monache e monaci buddisti hanno attuato questa estrema via di protesta nella provincia cinese del Sichuan, al confine con il Tibet.
Venerdì scorso un tibetano in esilio in India ha cercato di immolarsi di fronte all’ambasciata cinese di New Delhi. La polizia lo ha fermato in tempo, poi lo ha condotto in carcere.
“La propaganda comunista della Cina getta sulla questione tibetana una visuale ottimista e rosea, ma di fatto anche i cinesi che visitano il Tibet hanno l’impressione che il paese sia in una situazione disperata – ha aggiunto il Dalai Lama.
Premio Nobel per la Pace nel 1989, 76 anni, in esilio a Dharamsala, in India, dal 1959 Tensin Gyatso, questo il suo nome, viene considerato dal governo di Pechino un pericoloso separatista.
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