Il prossimo 11 novembre il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe votare sulla richiesta palestinese per un seggio permanente presso l’organismo internazionale.
La richiesta di adesione dello Stato palestinese all’ONU era stata discussa una prima volta lo scorso 23 settembre, uno Stato basato sulle frontiere del 4 giugno 1967, prima della Guerra dei Sei giorni: ne sarebbero incluse la Striscia di Gaza, la Cisgiordania (oggi parzialmente occupata da Israele) e Gerusalemme est (anche parzialmente sotto controllo israeliano), che ne diverrebbe la capitale.
Quello dell’11 novembre sarebbe un voto che metterà fine, in un modo o nell’altro, al processo d’esame della candidatura palestinese presso il Consiglio di Sicurezza, dove ancora i palestinesi non dispongono dei nove voti necessari al riconoscimento. Dispongono però della possibilità di ritardare il processo di ulteriori due settimane.
Gli Stati Uniti hanno da tempo fatto sapere che faranno valere il loro diritto di veto. In queste settimane i delegati statunitensi alle Nazioni Unite si stanno adoperando affinchè non siano raggiunti i voti necessari ai palestinesi per accedere al seggio di membro permanente.
Qualora falliranno presso il Consiglio di Sicurezza, i delegati palestinesi si rivolgeranno all’Assemblea generale – dove non vi è possibilità di veto – per ottenere uno statuto intermediario di Stato osservatore non membro.
Al momento il loro statuto è di entità osservatrice senza diritto d’intervento. Uno statuto di paese osservatore non membro aprirebbe la via per entrare a far parte di agenzie dell’Onu come la Corte penale internazionale.
Le discussioni della candidatura dello Stato palestinese procedono di pari passo con gli sforzi del Quartetto per il Medio Oriente (Stati Uniti, Unione europea, Nazioni Unite e Russia) per rilanciare il dialogo israelo-palestinese sul processo di pace, congelato da oltre un anno. Il 26 ottobre il Quartetto riunirà a Gerusalemme i rappresentanti delle due parti.
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