Fino ad un paio di settimane fa, la campagna elettorale per le Federali di ottobre è apparsa in Ticino, tutto sommato, in tono minore, nonostante i problemi concreti del paese.
A cominciare, solo per fare un esempio, da temi strategici, come i rapporti con l’Europa, in un paese – il nostro – dove gran parte dell’establishment politico continua pervicacemente, in barba alle reiterate decisioni del popolo sovrano, ad intravedere un’adesione all’UE.

I temi importanti sono stati sì dibattuti, ma ad infervorare gli animi, come spesso accade in Ticino, ci hanno pensato nelle ultime settimane le contrapposizioni partitiche e di clan, perché, dopo le elezioni cantonali di aprile, i rapporti di forza sono cambiati e qualcuno, suo malgrado, sente il fiato sul collo anche in vista del rinnovo delle Camere Federali.
Un’improvvisa, quanto sospetta, voglia di etica (pubblica) e di morale (privata) si è dunque abbattuta sul nostro Cantone, attraverso accorati appelli lanciati da cittadini ed esponenti politici (soprattutto socialisti e radicali) contro quei gruppi politici (Lega e UDC), accusati di gridare messaggi infamanti sui flussi migratori e sul frontalierato.
Ecco allora nascere i comitati che inneggiano alla dignità del Ticino, all’etica nella politica, ai comportamenti morali dei singoli esponenti politici, alla lotta contro la “cattiva” politica ticinese e via discorrendo.

In democrazia ognuno cerca di fare il proprio verso, tentando, con i mezzi che ritiene più opportuni, di coltivare il proprio orticello per trarne il massimo profitto. E su questo non c’è nulla da dire.
Fra gli appelli letti ce n’è però uno, approntato da quattro ex magistrati (Paolo Bernasconi, Dick Marty, Marco Mona e Giordano Zeli), che ha modalità diverse poiché si rivolge specificamente a dei fruitori tanto particolari e circoscritti, quanto importanti, ossia agli amministratori della sicurezza e della giustizia ticinese.
Infatti, la lettera aperta, che invita a non votare i rappresentanti di una certa parte politica è indirizzata “…ai Magistrati, ai funzionari di Polizia, delle Dogane e dei Penitenziari e ai funzionari giudiziari”.
Si tratta chiaramente di una legittima raccomandazione di voto (o di non voto), all’interno della quale appare però il tentativo, neppure tanto subliminale, di coinvolgere la giustizia in ambiti che non sono di sua competenza ad uso meramente politico.
Di certo gli autori dell’appello smentiranno (ci mancherebbe altro!) eppure solo un paio di mesi fa il tentativo – fallito – di utilizzare l’arma della magistratura per bloccare una decisione politica del governo ticinese (ossia, il blocco parziale dei ristorni sui frontalieri ai Comuni italiani limitrofi) venne messo in atto alla grande e difeso pubblicamente da almeno uno dei quattro citati ex magistrati. Non è un gran bel segnale e il rischio di utilizzo della giustizia a fini politici è tutt’altro che scongiurato!

Tornando più in generale agli appelli apparsi negli ultimi tempi e leggendo i nomi dei Torquemada moralizzatori della politica ticinese, preoccupati anche di salvaguardare la dignità dei politici locali, una domanda sorge più che spontanea: dov’erano lor signori quando l’allora consigliere di Stato PST Rossano Bervini subì una sorta di crocefissione mediatica, grazie a documenti trafugati dal suo Dipartimento e dov’erano i “nobili di spirito” quando la consigliera di Stato PLRT Marina Masoni venne investita da vagonate di fango mediatico?
Eh sì, si tratta proprio di due pesi e due misure: l’indignazione si manifesta solo a targhe alterne, a seconda degli interessi di alcuni!

Forse ha un po’ ragione anche Oscar Wilde, quando, in uno dei suoi celebri aforismi, afferma che “La morale è semplicemente l’atteggiamento che adottiamo nei confronti di individui che non ci piacciono”.

Iris Canonica