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Dalle banche centrali cospicui prestiti alle banche europee

“Una pioggia di dollari per le banche europee”. E’ il titolo di un editoriale sul quotidiano polacco Rzeczpospolita dopo che il 15 settembre le maggiori banche centrali del mondo hanno offerto alle banche europee cospicui prestiti trimestrali. Immediatamente le azioni sono salite alle stelle e l’euro si è ripreso.
“Alcuni analisti sono convinti che si tratti di una mossa per aumentare la liquidità e di un primo passo nella preparazione delle bancarotta greca, eventualità ufficialmente scartata dai leader europei – si legge nell’articolo – Tuttavia l’immissione di dollari, a 3 anni esatti dal fallimento della banca d’investimenti statunitense Lehman Brothers e dall’inizio della crisi economica mondiale, potrebbe durare poco e in ogni caso non sostituirà le necessarie riforme.
Le ultime previsioni economiche della Commissione di Bruxelles mostrano che l’economia dell’Unione europea sta rallentando. Le cose potrebbero addirittura peggiorare, dato che nessuno è attualmente in grado di prevedere le conseguenze di una ristrutturazione del debito greco.”

Redazione

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  • Mossa pericolosa e che conferma la bontà di chi paragona la situazione attuale a quella del '29, anzi a parer mio oggi è peggio. Mah.. la catena di santantonio continua, spero solo non si spezzi sennò son guai, ma guai seri.

  • Mossa pericolosa e che conferma la bontà di chi paragona la situazione attuale a quella del '29, anzi a parer mio oggi è peggio. Mah.. la catena di santantonio continua, spero solo non si spezzi sennò son guai, ma guai seri.

  • I torchi stampa-banconote lavorano senza posa.
    Nel 1929 mezzo chilo di pere
    poteva costare anche un miliardo di marchi!

  • I torchi stampa-banconote lavorano senza posa.
    Nel 1929 mezzo chilo di pere
    poteva costare anche un miliardo di marchi!

  • Per riflettere meglio, vorrei proporre questo contributo copiato e incollato da un noto sito italiano.

    Quando finisce un'era chi vi è dentro può ritenere di essere alla fine dei tempi e rifiutare l'evento oppure guardare oltre. E' evidente che il modello capitalista basato sul profitto senza limiti, sulla crescita e sul consumo del pianeta è fallito da tempo, anche se i governi non lo vogliono riconoscere. La guerra del petrolio iniziata almeno con la prima invasione dell'Iraq di Bush padre e proseguita fino ad ad oggi con l'occupazione dell'Afghanistan e l'aggressione alla Libia è solo il più evidente dei sintomi della nostra autodistruzione. Il modello basato sulla mobilità individuale e sui trasporti mondiali delle merci, le pere cilene in Gran Bretagna o i pomodori cinesi in Italia non ha alcuna motivazione logica, né economica. Nessuno si ferma per chiedersi: "Ha senso la crescita? E cosa significa esattamente?". La crescita è un nuovo tabù, un moloch moderno adorato come un tempo Giove o Apollo, con i suoi moderni sacerdoti: il FMI, il WTO, la BCE e i suoi templi: i palazzi delle Borse, le maestose sedi delle banche (le nuove chiese) nei centri delle città. Siamo così permeati dal mito della crescita che lo diamo per scontato, per ineluttabile e lo viviamo come atto di fede.
    Quando però lo specchio si rompe e la verità non si può più rimandare, allora, come scrive Slavoj Žižek, fliosofo e psicanalista sloveno, nel suo libro "Vivere alla fine dei tempi" vi è l'elaborazione del lutto che avviene in cinque fasi. Per spiegarlo associa la consapevolezza del crollo del nostro modello economico e sociale alla scoperta di una malattia terminale. Il primo stadio è il rifiuto: non esiste la crisi e neppure il buco nell'ozono, i ghiacciai si sono sempre ritirati ciclicamente, il surriscaldamento del pianeta è un'invenzione dei media, le automobili sono necessarie per lo sviluppo della civiltà, il PIL è l'alfa e l'omega delle nazioni. Il secondo passo è la collera: i movimenti no global sono i nuovi barbari alle frontiere, chi non consuma è un pessimista e chi consuma invece un patriota, i governi e le multinazionali che vedono franare le basi del loro potere pensano "Non può succedere, non a me"(*). Il malato cerca quindi di venire a patti per rimandare il triste evento della sua dipartita: nuove manovre economiche, rientro del debito pubblico, tagli ai servizi sociali, aumento di ogni tipo di tassazione, scomparsa delle pensioni. Cobaltoterapia economica. Viene quindi la fase della depressione nella quale per chi è al potere tutto è lecito, comportamenti da basso impero, alleanze con i poteri criminali, corruzione dilagante, nuove guerre. Pensa a godersi la vita che gli rimane. Après moi, le déluge. L'ultimo stadio è l'accettazione in cui il potere si rassegna, si rinchiude in un bunker e aspetta la fine. Il mondo, in generale, si trova tra la prima e la seconda fase, tra il rifiuto e la collera. In Italia ci siamo portati avanti e stiamo transitando dalla terza alla quarta fase, tra il venire a patti con la realtà e la depressione. Tra poco ci sarà l'assalto al bunker. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

  • Per riflettere meglio, vorrei proporre questo contributo copiato e incollato da un noto sito italiano.

    Quando finisce un'era chi vi è dentro può ritenere di essere alla fine dei tempi e rifiutare l'evento oppure guardare oltre. E' evidente che il modello capitalista basato sul profitto senza limiti, sulla crescita e sul consumo del pianeta è fallito da tempo, anche se i governi non lo vogliono riconoscere. La guerra del petrolio iniziata almeno con la prima invasione dell'Iraq di Bush padre e proseguita fino ad ad oggi con l'occupazione dell'Afghanistan e l'aggressione alla Libia è solo il più evidente dei sintomi della nostra autodistruzione. Il modello basato sulla mobilità individuale e sui trasporti mondiali delle merci, le pere cilene in Gran Bretagna o i pomodori cinesi in Italia non ha alcuna motivazione logica, né economica. Nessuno si ferma per chiedersi: "Ha senso la crescita? E cosa significa esattamente?". La crescita è un nuovo tabù, un moloch moderno adorato come un tempo Giove o Apollo, con i suoi moderni sacerdoti: il FMI, il WTO, la BCE e i suoi templi: i palazzi delle Borse, le maestose sedi delle banche (le nuove chiese) nei centri delle città. Siamo così permeati dal mito della crescita che lo diamo per scontato, per ineluttabile e lo viviamo come atto di fede.
    Quando però lo specchio si rompe e la verità non si può più rimandare, allora, come scrive Slavoj Žižek, fliosofo e psicanalista sloveno, nel suo libro "Vivere alla fine dei tempi" vi è l'elaborazione del lutto che avviene in cinque fasi. Per spiegarlo associa la consapevolezza del crollo del nostro modello economico e sociale alla scoperta di una malattia terminale. Il primo stadio è il rifiuto: non esiste la crisi e neppure il buco nell'ozono, i ghiacciai si sono sempre ritirati ciclicamente, il surriscaldamento del pianeta è un'invenzione dei media, le automobili sono necessarie per lo sviluppo della civiltà, il PIL è l'alfa e l'omega delle nazioni. Il secondo passo è la collera: i movimenti no global sono i nuovi barbari alle frontiere, chi non consuma è un pessimista e chi consuma invece un patriota, i governi e le multinazionali che vedono franare le basi del loro potere pensano "Non può succedere, non a me"(*). Il malato cerca quindi di venire a patti per rimandare il triste evento della sua dipartita: nuove manovre economiche, rientro del debito pubblico, tagli ai servizi sociali, aumento di ogni tipo di tassazione, scomparsa delle pensioni. Cobaltoterapia economica. Viene quindi la fase della depressione nella quale per chi è al potere tutto è lecito, comportamenti da basso impero, alleanze con i poteri criminali, corruzione dilagante, nuove guerre. Pensa a godersi la vita che gli rimane. Après moi, le déluge. L'ultimo stadio è l'accettazione in cui il potere si rassegna, si rinchiude in un bunker e aspetta la fine. Il mondo, in generale, si trova tra la prima e la seconda fase, tra il rifiuto e la collera. In Italia ci siamo portati avanti e stiamo transitando dalla terza alla quarta fase, tra il venire a patti con la realtà e la depressione. Tra poco ci sarà l'assalto al bunker. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.

  • Solito schema, aiuti su aiuti tra amici falliti.Poi a noi resterà solo l`inflazione quale regalo di sua Maestà.

      • Ciao Jack,

        Dicolamia era/é in vacanza nella bella Corsica.Sta buttando a mare tutti i dipendenti statali :mrgreen: , construendo cassaforti inviolabili :idea: e presto chiamerà a rapporto tutti i suoi amici.Perché?

          • Ero in vacanza a Kalliste (così i Greci chiamavano la Corsica: la più bella!). E mi sono ben guardato dal collegarmi ad internet! Al contrario, base in Saint Florent (ma la scritta in francese, sopra quella in corso San Fiorenzu, era cancellata con lo spray nero), mi sono dilettato in lunghe passeggiate nel deserto delle Agriates, con bagni salutari nel mare di Saleccia, tra il profumo della macchia mediterranea. Con la bici, al mattino presto ho fatto lunghe escursioni verso i paesini del Nebbio (autentici nidi di aquile appollaiati come in un anfiteatro sulla Conca d'oro), fino Murato, dove il Paoli (il padre della patria per i corsi) impiantò la zecca della Corsica libera. Lì c'è quella che considero una delle più belle chiese cha abbia mai visto in vita mia: San Michele, in blocchi di serpentina verde alternati a pietra bianca, con il campanile in mezzo alla facciata, inglobante l'ingresso; i blocchi di pietra verde e bianca sono messi a caso conferendo alla chiesa un aspetto futurista su un impianto architettonico pisano: roba da far tremar le vene e i polsi! La macchia si presta a rifugi sicuri in caso di necessità. Ho lì degli amici. Non amano i francesi. Chissà se riuscirò a convincerli a venire a Lugano a gridare la loro rabbia ad INTERLIBERTARIANS 2012?

          • Chiedi ai baüscia milanesi che pensavano di fare a Calvi quello che facevano in Italia,ossia case abusive.

            BUUUMMMM!!!!

          • In effetti c'è un forte attaccamento dei corsi alla loro terra. Nell'entroterra ci si imbatte spesso nella scritta TCC (Terra Corsa ai Corsi). Non mancano cartelli stradali presi a pallettoni con la scritta "Fora i francesi". Ma in fondo credo che non sia un'intolleranza verso i francesi in quanto tali, ma verso l'istituzione statale in sé, che si sovrappone forzosamente a quella fortemente localista, quasi tribale, indigena. E in questo li sento molto vicini. Calvi, assieme a Bonifacio, sono le due città fortificate dai Genovesi, che costituivano il grande cruccio del Paoli, perché rimaste sempre fedeli a Genova. Addirittura nella porta di ingresso della cittadella di Calvi c'è la scritta, scolpita nella pietra, "Civitas Calvi semper fidelis". Penso dunque che i baüscia genovesi avrebbero avuto un po' più fortuna di quelli milanesi, ma non tanta di più.

  • Solito schema, aiuti su aiuti tra amici falliti.Poi a noi resterà solo l`inflazione quale regalo di sua Maestà.

      • Ciao Jack,

        Dicolamia era/é in vacanza nella bella Corsica.Sta buttando a mare tutti i dipendenti statali :mrgreen: , construendo cassaforti inviolabili :idea: e presto chiamerà a rapporto tutti i suoi amici.Perché?

          • Ero in vacanza a Kalliste (così i Greci chiamavano la Corsica: la più bella!). E mi sono ben guardato dal collegarmi ad internet! Al contrario, base in Saint Florent (ma la scritta in francese, sopra quella in corso San Fiorenzu, era cancellata con lo spray nero), mi sono dilettato in lunghe passeggiate nel deserto delle Agriates, con bagni salutari nel mare di Saleccia, tra il profumo della macchia mediterranea. Con la bici, al mattino presto ho fatto lunghe escursioni verso i paesini del Nebbio (autentici nidi di aquile appollaiati come in un anfiteatro sulla Conca d'oro), fino Murato, dove il Paoli (il padre della patria per i corsi) impiantò la zecca della Corsica libera. Lì c'è quella che considero una delle più belle chiese cha abbia mai visto in vita mia: San Michele, in blocchi di serpentina verde alternati a pietra bianca, con il campanile in mezzo alla facciata, inglobante l'ingresso; i blocchi di pietra verde e bianca sono messi a caso conferendo alla chiesa un aspetto futurista su un impianto architettonico pisano: roba da far tremar le vene e i polsi! La macchia si presta a rifugi sicuri in caso di necessità. Ho lì degli amici. Non amano i francesi. Chissà se riuscirò a convincerli a venire a Lugano a gridare la loro rabbia ad INTERLIBERTARIANS 2012?

          • Chiedi ai baüscia milanesi che pensavano di fare a Calvi quello che facevano in Italia,ossia case abusive.

            BUUUMMMM!!!!

          • In effetti c'è un forte attaccamento dei corsi alla loro terra. Nell'entroterra ci si imbatte spesso nella scritta TCC (Terra Corsa ai Corsi). Non mancano cartelli stradali presi a pallettoni con la scritta "Fora i francesi". Ma in fondo credo che non sia un'intolleranza verso i francesi in quanto tali, ma verso l'istituzione statale in sé, che si sovrappone forzosamente a quella fortemente localista, quasi tribale, indigena. E in questo li sento molto vicini. Calvi, assieme a Bonifacio, sono le due città fortificate dai Genovesi, che costituivano il grande cruccio del Paoli, perché rimaste sempre fedeli a Genova. Addirittura nella porta di ingresso della cittadella di Calvi c'è la scritta, scolpita nella pietra, "Civitas Calvi semper fidelis". Penso dunque che i baüscia genovesi avrebbero avuto un po' più fortuna di quelli milanesi, ma non tanta di più.

  • Se cade l'euro cade anche l'Europa". Senza volerlo ha confessato che l'Europa e l'euro sono la stessa cosa e che gli Stati europei sono uniti soltanto dalla moneta. Se cade l'euro non cadrà l'Europa, che è esistita per millenni senza moneta unica, ma crollerà QUESTA Europa, dove il premier è Trichet, un banchiere. La UE non è una banca, ma opera e comunica come se lo fosse. Non si possono gestire i cittadini europei come dei correntisti. Quanti messaggi "politici" sono stati discussi dalla UE in tutti questi anni? Divisi su tutto, dalla guerra all'immigrazione e con un Parlamento che sembra un Club Med. Senza un disegno più alto e valori superiori condivisi dagli europei la UE, di fatto, è già morta. (Angela)

  • Se cade l'euro cade anche l'Europa". Senza volerlo ha confessato che l'Europa e l'euro sono la stessa cosa e che gli Stati europei sono uniti soltanto dalla moneta. Se cade l'euro non cadrà l'Europa, che è esistita per millenni senza moneta unica, ma crollerà QUESTA Europa, dove il premier è Trichet, un banchiere. La UE non è una banca, ma opera e comunica come se lo fosse. Non si possono gestire i cittadini europei come dei correntisti. Quanti messaggi "politici" sono stati discussi dalla UE in tutti questi anni? Divisi su tutto, dalla guerra all'immigrazione e con un Parlamento che sembra un Club Med. Senza un disegno più alto e valori superiori condivisi dagli europei la UE, di fatto, è già morta. (Angela)

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