Uno degli argomenti che ha riempito le pagine dei giornali durante questo periodo estivo è lo spaventoso debito pubblico di tanti Paesi e l’incapacità delle classi politiche che poco o nulla hanno fatto per contenere nel tempo l’indebitamento dei loro Stati.
Il debito pubblico è il debito che uno Stato ha nei confronti di altri soggetti, imprese, banche o stati esteri che hanno sottoscritto un credito sotto forma di obbligazioni destinate a coprire il disavanzo del fabbisogno finanziario statale o, in altre parole, l’eventuale deficit pubblico.
Il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo rappresenta un indice significativo della solidità finanziaria ed economica di uno Stato.
Il debito pubblico degli Stati Uniti ha superato i 14 miliardi di dollari e, secondo alcuni esperti, il rischio che oggi corrono gli USA è quello del fallimento, con conseguenze disastrose anche per le maggiori economie mondiali.
Il debito pubblico italiano ha superato la soglia dei 1’900 miliardi di euro e, considerato che la lotta all’evasione fiscale non sembra dare i frutti sperati – le entrate mancanti si aggirerebbero ancora intorno ai 100 miliardi di euro l’anno – lo Stato può optare unicamente per il taglio delle spese o per l’aumento della pressione fiscale, peraltro già a livelli piuttosto elevati.
In una situazione analoga si trovano diversi altri Stati europei, come la Grecia, il Belgio, l’Irlanda, la Francia, il Portogallo e la Spagna.
La Svizzera, da questo punto di vista, è stata più lungimirante e oggi sta decisamente meglio rispetto a molti altri Stati. Da noi il debito pubblico comprende la somma dei debiti dell’Amministrazione federale, di quella dei 26 Cantoni e degli oltre 2’500 Comuni. Proprio allo scopo di prevenire un indebitamento eccessivo e incontrollato, il 2 dicembre 2001 i cittadini svizzeri hanno approvato a larghissima maggioranza la proposta di inserire nella Costituzione una normativa finalizzata a porre un freno all’aumento della spesa pubblica.
Le sole forze politiche ad opporsi a questa misura sono stati il PS e i Verdi. Il meccanismo adottato a livello federale è basato sull’accantonamento delle eccedenze negli anni di alta congiuntura, in modo da finanziare spese pubbliche straordinarie nei momenti di crisi.
Questo meccanismo ha consentito alla Svizzera di accumulare eccedenze nel periodo di crescita dell’economia e di varare spese straordinarie nei momenti di crisi.
Grazie agli sforzi congiunti di Confederazione, Cantoni e Comuni, dal 2005 al 2010 il debito pubblico in Svizzera è stato ridotto da 244 miliardi a poco meno di 200 miliardi, pari al 38,2 del PIL.
Il freno all’indebitamento si è quindi dimostrato uno strumento efficace per scongiurare l’indebitamento eccessivo, ma sufficientemente elastico per garantire, in casi eccezionali, una spesa pubblica elevata. In questo delicato momento, molti Stati guardano con interesse al modello svizzero per mettere ordine nelle loro finanze.
Mi auguro che l’imminente campagna elettorale possa essere anche l’occasione per evidenziare le qualità e i pregi del nostro sistema istituzionale che, sulla base di un’attenta capacità di previsione, ha saputo contenere le conseguenze della crisi che sta investendo tutti gli Stati d’Europa.
Giovanni Jelmini, presidente cantonale PPD
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Caro Jelmini. L'unica differenza è che:
- in Svizzera ci sono degli eccellenti pagatori di imposte
- in Italia i politici hanno mangiato l'inverosimile e finanziato la malavita coi soldi pubblici tramite appalti
- in Germania si son mangiati la ricchezza facendo gli "sboroni" ritirando la ex-DDR
- gli Stati Uniti d'America si son mangiati fuori la ricchezza andando in giro per il mondo a fare la guerra e inventando i sub-prime
- l'Est, orfano del comunismo è il Far West
- gli Stati arabi stanno implodendo, salvo gli Emirati ricchi da far schifo
- la Cina si sta fregando con le proprie mani
- il SudAmerica dopo aver avuto la forza di fallire e mettere in mutande gli speculatori stanno viaggiando a ritmi di crescita altissimi (Brasile p.es.)
- l'India è in piena espansione
- l'Africa è in perenne guerra civile
- la Francia e la Spagna hanno una disoccupazione oltre il 25%
Tutto ha un prezzo, ma non è certo merito dei politici se la Svizzera sta bene, anzi per colpa dei politici di Berna potremmo stare meglio
con tutto rispetto
don Diego de la Vega
Jelmini delinea un ritratto condivisibile, ma abbastanza ottimistico della situazione economica attuale. Non mi risulta che la pressione fiscale in CH sia pesantissima, come mi sembra di intuire nel commento di “de la Vega”. Il fatto è che la classe dei salariati che paga le imposte senza sconti, in Svizzera gode ancora (per poco) di un certo reddito imponibile. L’incognita sta nel grado di occupazione e relativo valore dei salari nel prossimo futuro. L'economista francese Fitoussi (Jean-Paul Fitoussi) ha dichiarato che "Il volume globale di lavoro disponibile sta diminuendo: il problema non è macroeconomico ma strutturale, direttamente connesso al passaggio del controllo sui fattori economici decisivi, scivolato dalle istituzioni rappresentative di governo, al libero gioco delle forze di mercato. Pertanto, la strategia di crescita tradizionalmente attuata dallo Stato non può fare molto per combattere questa tendenza." Fine citazione. Con mie parole: la quantità di lavoro la decide il mercato e subisce rapidi mutamenti, gli Stati sono esclusi dal gioco, l’occupazione/disoccupazione seguirà la caotica evoluzione dei mercati, creando incertezza. Negli anni sessanta una persona senza qualifiche trovava velocemente un lavoro dignitosamente retribuito, oggi suo figlio/a diplomato/a o laureato/a deve accontentarsi di un'attività a tempo determinato spesso sottopagata. Quelli che, per diversi motivi, non credono al mercato mondiale liberista come alla panacea di tutti i mali e non hanno mai creduto che fosse indolore, lo avevano già intuito. Non tutti ci stanno a far passare come "nuove libertà" i primitivi metodi di potere e di ricchezza. Se la ripresa di un commercio mondiale e di libero scambio e di nuovi rapporti sociali sembra necessario, almeno si cerchi di regolarlo e di resistere alle automatiche arroganze dei più forti e dei più ricchi. Essi probabilmente dureranno quanto il genere umano ma, almeno, non scambiamoli per benefattori.
Caro Jelmini. L'unica differenza è che:
- in Svizzera ci sono degli eccellenti pagatori di imposte
- in Italia i politici hanno mangiato l'inverosimile e finanziato la malavita coi soldi pubblici tramite appalti
- in Germania si son mangiati la ricchezza facendo gli "sboroni" ritirando la ex-DDR
- gli Stati Uniti d'America si son mangiati fuori la ricchezza andando in giro per il mondo a fare la guerra e inventando i sub-prime
- l'Est, orfano del comunismo è il Far West
- gli Stati arabi stanno implodendo, salvo gli Emirati ricchi da far schifo
- la Cina si sta fregando con le proprie mani
- il SudAmerica dopo aver avuto la forza di fallire e mettere in mutande gli speculatori stanno viaggiando a ritmi di crescita altissimi (Brasile p.es.)
- l'India è in piena espansione
- l'Africa è in perenne guerra civile
- la Francia e la Spagna hanno una disoccupazione oltre il 25%
Tutto ha un prezzo, ma non è certo merito dei politici se la Svizzera sta bene, anzi per colpa dei politici di Berna potremmo stare meglio
con tutto rispetto
don Diego de la Vega
Jelmini delinea un ritratto condivisibile, ma abbastanza ottimistico della situazione economica attuale. Non mi risulta che la pressione fiscale in CH sia pesantissima, come mi sembra di intuire nel commento di “de la Vega”. Il fatto è che la classe dei salariati che paga le imposte senza sconti, in Svizzera gode ancora (per poco) di un certo reddito imponibile. L’incognita sta nel grado di occupazione e relativo valore dei salari nel prossimo futuro. L'economista francese Fitoussi (Jean-Paul Fitoussi) ha dichiarato che "Il volume globale di lavoro disponibile sta diminuendo: il problema non è macroeconomico ma strutturale, direttamente connesso al passaggio del controllo sui fattori economici decisivi, scivolato dalle istituzioni rappresentative di governo, al libero gioco delle forze di mercato. Pertanto, la strategia di crescita tradizionalmente attuata dallo Stato non può fare molto per combattere questa tendenza." Fine citazione. Con mie parole: la quantità di lavoro la decide il mercato e subisce rapidi mutamenti, gli Stati sono esclusi dal gioco, l’occupazione/disoccupazione seguirà la caotica evoluzione dei mercati, creando incertezza. Negli anni sessanta una persona senza qualifiche trovava velocemente un lavoro dignitosamente retribuito, oggi suo figlio/a diplomato/a o laureato/a deve accontentarsi di un'attività a tempo determinato spesso sottopagata. Quelli che, per diversi motivi, non credono al mercato mondiale liberista come alla panacea di tutti i mali e non hanno mai creduto che fosse indolore, lo avevano già intuito. Non tutti ci stanno a far passare come "nuove libertà" i primitivi metodi di potere e di ricchezza. Se la ripresa di un commercio mondiale e di libero scambio e di nuovi rapporti sociali sembra necessario, almeno si cerchi di regolarlo e di resistere alle automatiche arroganze dei più forti e dei più ricchi. Essi probabilmente dureranno quanto il genere umano ma, almeno, non scambiamoli per benefattori.
Caro de la Vega, d'accordo pontificare ma...
Mi ha colpito in particolare questa:
"in Germania si son mangiati la ricchezza facendo gli “sboroni” ritirando la ex-DDR"
Ma la RIUNIFICAZIONE era il più alto obiettivo politico
della Germania sconfitta e risorgente dalle sue ceneri!
È pur vero che così facendo hanno "ritirato"
l'insanabile miseria del comunismo!
Caro de la Vega, d'accordo pontificare ma...
Mi ha colpito in particolare questa:
"in Germania si son mangiati la ricchezza facendo gli “sboroni” ritirando la ex-DDR"
Ma la RIUNIFICAZIONE era il più alto obiettivo politico
della Germania sconfitta e risorgente dalle sue ceneri!
È pur vero che così facendo hanno "ritirato"
l'insanabile miseria del comunismo!
Mi permetterei di aggiungere a quanto è già stato detto nei post precedenti che la perdita di velocità del potere d'acquisto della classe media dovuta al congelamento dei salari, è stata compensata in parte, dall'entrata nel mondo del lavoro retribuito delle donne. Anche se la chiave di lettura progressista giudica il fenomeno esclusivamente da un punto di vista di "conquista sociale" e in termini di emancipazione, in realtà, applicando una lettura economica le cose cambiano. Il fenomeno assume il ruolo di uno dei cosiddetti "ammortizzatori sociali". Nei nuclei famigliari il doppio lavoro è ormai una necessità inderogabile. Un "must", si direbbe. Questo ha profondamente rimodellato gli schemi tradizionali della famiglia soprattutto quello dell'assistenza all'infanzia. Quindi, da una parte due (due) salari sono attualmente indispensabili (indispensabili) per il mantenimento di un unico (unico) nucleo famigliare: quello ottenuto dalle donne ovviamente inferiore per... decreto economico. D'altra parte aumentano i costi sociali per l'assistenza all'infanzia priva(ta) della presenza genitoriale. Senza dimenticare che in caso di separazione, uno dei due partner, o addirittura tutti e due, precipitano sotto la soglia di povertà. Diversi rappresentanti di partiti "vicini alla famiglia", come mi sembra sia (fosse) il ppd non hanno mai colto appieno il paradosso.
Mi permetterei di aggiungere a quanto è già stato detto nei post precedenti che la perdita di velocità del potere d'acquisto della classe media dovuta al congelamento dei salari, è stata compensata in parte, dall'entrata nel mondo del lavoro retribuito delle donne. Anche se la chiave di lettura progressista giudica il fenomeno esclusivamente da un punto di vista di "conquista sociale" e in termini di emancipazione, in realtà, applicando una lettura economica le cose cambiano. Il fenomeno assume il ruolo di uno dei cosiddetti "ammortizzatori sociali". Nei nuclei famigliari il doppio lavoro è ormai una necessità inderogabile. Un "must", si direbbe. Questo ha profondamente rimodellato gli schemi tradizionali della famiglia soprattutto quello dell'assistenza all'infanzia. Quindi, da una parte due (due) salari sono attualmente indispensabili (indispensabili) per il mantenimento di un unico (unico) nucleo famigliare: quello ottenuto dalle donne ovviamente inferiore per... decreto economico. D'altra parte aumentano i costi sociali per l'assistenza all'infanzia priva(ta) della presenza genitoriale. Senza dimenticare che in caso di separazione, uno dei due partner, o addirittura tutti e due, precipitano sotto la soglia di povertà. Diversi rappresentanti di partiti "vicini alla famiglia", come mi sembra sia (fosse) il ppd non hanno mai colto appieno il paradosso.