Da qualche giorno viene osservata l’apparizione di vaste chiazze di idrocarburi nelle acque del Golfo del Messico, a circa un chilometro di distanza dal pozzo della compagnia British Petroleum, danneggiato il 20 aprile 2010 dall’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon.
Gli scienziati accorsi sul luogo ritengono non si tratti di resti della precedente fuoriuscita di greggio (in poco più di cinque mesi, dal pozzo danneggiato si era riversato in mare l’equivalente di 5 milioni di barili) ma di nuove perdite.
La loro analisi è avvalorata dal fatto che lo scorso mese di giugno i ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution avevano esaminato le acque nella zona del pozzo danneggiato e l’acqua era apparsa pulita, senza tracce visibili di petrolio.
Si tratterebbe dunque di una perdite recenti. Il greggio starebbe uscendo dalle innumerevoli fessure nel fondo marino, a 1500 metri di profondità, causate dai ripetuti tentativi di contenere ed arrestare la fuoriuscita degli idrocarburi. Difficilmente potrebbe uscire dal pozzo, in quanto questo era stato chiuso con un pesante tappo di cemento.
La notizia giunge quasi contemporaneamente all’annuncio del Dipartimento statunitense degli Interni riguardo alla ripresa delle aste per le licenze di trivellazione nel Golfo del Messico, il prossimo 14 dicembre.
La vendita delle licenze era stata interrotta lo scorso anno dal presidente Obama, a seguito dell’incidente petrolifero nel Golfo del Messico.
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