Benchè appaiano così geometriche, le ragnatele sono più simili alle dighe dei castori che ai favi delle api. Certo dobbiamo riconoscere al ragno un’ingegneristica innata di tutto rispetto. Ma non sembra ci sia una ragione per supporre che l’elegante geometria finale della ragnatela sia il risultato di una matematica insita nel ragno.
La forma generale della ragnatela è il risultato di una sequenza di passi molto elementari. Questi passi, se ripetuti, danno vita ad una ragnatela. E’ la natura che ha programmato il ragno per compiere questi passi base.


Ci sono almeno 2000 specie di ragni solamente negli Stati Uniti, ma solo alcune costruiscono ragnatele elaborate. Le ragnatele sono di quattro tipi: orbitali, a fogli, a imbuto e i festoni irregolari realizzati dai ragni domestici.
E’ sempre e solo la femmina a costruire ragnatele.

Focalizziamo l’attenzione sulle ragnatele orbitali, geometricamente precise prodotte dal “ragno dorato dei giardini”.
La femmina del ragno dei giardini impiega da una a tre ore per costruire una ragnatela e solitamente lo fa di notte. L’obiettivo è catturare insetti da mangiare.
Anche se il ragno ha 8 occhi, la ragnatela la costruisce quasi per intero con il tatto. Sotto l’addome ha sei appendici simili a dita, dette filiere, che servono a produrre e a manipolare la seta per la ragnatela.
Ogni appendice ha numerose aperture da cui fuoriescono diversi tipi di seta in forma liquida. In certe zone della ragnatela il ragno usa un unico filo, ma i fili che devono reggere la struttura sono composti da più filamenti intrecciati.
La seta diventa solida appena è in contatto con l’aria, formando un filo che è circa cinque volte più resistente di un cavo in fibra di acciaio dello stesso spessore.
La seta del ragno è composta da catene di amminoacidi, soprattutto glicina e alanina. Gli scienziati stanno cercando riprodurre questa sostanza in laboratorio con l’obiettivo di creare un materiale simile per impiegarlo nelle cinture di sicurezza, nelle corde dei paracadute, ecc.

(da: L’istinto matematico, di Keith Devlin, Mondadori editore)