Il prossimo 2 ottobre cadrà il decimo anniversario di un evento che noi svizzeri preferiremmo non ricordare: il grounding di Swissair. Alle 15:45 di quel giorno, il Ceo del gruppo, Mario Corti aveva infatti deciso di interrompere tutte le operazioni di volo della compagnia.
Swissair aveva iniziato la sua parabola discendente nel 1999. L’azzardata partecipazione in compagnie aeree estere bisognose di finanziamento aveva generato perdite ingentissime: nell’aprile del 2000 la perdita annuale era stata valutata in 2.900 miliardi di franchi. Di fronte alla vastità del dissesto finanziario, nel marzo del 2001 l’intero Consiglio di amministrazione aveva preferito dileguarsi e aveva dato le dimissioni in blocco.
Ad assicurare la presidenza del nuovo CdA era stato chiamato Mario Corti, sino a quel momento responsabile delle finanze della multinazionale Nestlè, ma la situazione era ormai compromessa.
A causa dei debiti milionari della compagnia, il 1.ottobre 2001 gli aerei di Swissair erano stati bloccati in diversi scali all’estero con il divieto di decollare.
Perdite miliardarie, debiti per milioni, aerei presi in ostaggio negli scali internazionali, nessuna liquidità per pagare carburante e tasse aeroportuali, le carte di credito aziendali bloccate dalle banche. Questa era la situazione la mattina del 2 ottobre 2001.
Dopo aver atteso invano che l’allora presidente di UBS, Marcel Ospel, lo chiamasse per assicurargli un versamento di almeno 500 milioni, nel pomeriggio Mario Corti era stato obbligato a decretare il grounding di Swissair. La fine ingloriosa di un grande simbolo svizzero.
Ripensando di questi tempi alla catastrofica fine della Swissair, per altro rappresentata in modo assai realistico nel film-documentario di Michael Steiner del 2006 “Grounding” è difficile non individuare alcuni (troppi) parallelismi con il contesto economico globale attuale.
A monte del disastro Swissair sta il tema delle responsabilità degli organi responsabili della gestione della compagnia, che troppo facilmente hanno potuto svignarsela una volta rotte le uova.
Di grande attualità è l’osservazione delle reazioni delle banche coinvolte: UBS, Credit Suisse e Deutsche Banke dei vertici politici svizzeri di quel tempo. Impressionante la disinvoltura con la quale in quei momenti di fuoco si sono affossate misure realizzabili ed efficaci per salvare Swissair, in un turbine di meschini giochi d’interesse e atteggiamenti irresponsabili da parte di chi aveva in mano la salvezza della compagnia.
Per quali motivi Swissair non è stata salvata? Chi ha tratto beneficio dal suo fallimento? Non si sa. Quel che però si sa è chi sono i perdenti: noi, il popolo svizzero, gli impiegati di Swissair e i cittadini contribuenti.
Il grounding del 2001 richiama le situazioni che stiamo vivendo attualmente, in particolare l’escalation della crisi negli Stati Uniti, dove da settimane democratici e repubblicani (leggi: due facciate politiche che fanno uno sporco gioco di squadra a scapito dei cittadini, coprendo le manovre del potere) sembrano le due madri del famoso giudizio di Salomone.
In questo caso purtroppo nessuna delle due madri sembra amare il figlio (ossia la nazione) che quindi corre il rischio di finire, il prossimo 2 agosto, irrimediabilmente tagliato a metà in ossequio ad una giustizia biblica.
La situazione politico-economico-finanziaria odierna non è una novità. Scenari simili, con le dovute differenze, esistevano già decenni addietro.
Ne è un esempio una poesia scritta e pubblicata nel 1930 dal giornalista e romanziere tedesco Kurt Tucholwsky. Ne proponiamo una traduzione letterale dalla quale traspare un pensiero in molti punti straordinariamente attuale.
B. Ravelli
Quando i corsi borsistici cadono,
quasi tutti si preoccupano
ma alcuni si sentono come rinati:
La loro ricetta si chiama vendita allo scoperto.
Questi baldi si sbarazzano sfacciatamente
di cose che nemmeno possiedono
e così facendo scatenano il crollo
che serve ai loro scopi – magnifico !
Con ancor maggior disinvoltura
giocano con i derivati:
quando sulla carta i valori vengono manipolati
l’effetto viene potenziato.
Se poi in seguito qualche banca fallisce
i risparmiatori non hanno nulla da ridere
e per gli abitanti di una casa ipotecata
il rischio di doverla lasciare è alto.
Se per contro ad essere colpite sono le grandi
banche, tutto il mondo inizia a traballare
e anche la schiera degli speculatori
teme ora per i suoi averi!
Occorre mettere in pericolo il sistema?
Servono misure concrete:
gli utili restano ai privati
le perdite le compra lo Stato.
A questo scopo allo Stato servono crediti
il che genera ulteriori utili,
a coloro che in quel paese
hanno in mano il governo.
Per l’avidità di questi arroganti
deve pagare il piccolo cittadino
e – il bello sta quì – questo
non succede soltanto in America !
E quando i corsi riprendono a salire
la storia ricomincia da capo
dato che la ripartizione perfetta
va sempre a beneficio degli stessi.
Ma se il popolo questa volta
non dovesse più tollerare questo andazzo,
la soluzione è già pronta da un pezzo:
si fa un po‘ di guerra.