In un discorso tenuto martedì ad Atlanta, Timothy Geithner ha chiesto l’applicazione di nuove regole finanziarie globali. In particolare ha insistito sulla necessità di avere misure più restrittive per i mercati dei prodotti derivati, spesso indicati come la causa della crisi finanziaria.
Presso le sole banche statunitensi il volume dei contratti in derivati ammonterebbe a ben 100 trilioni di dollari, ossia – nota bene – a 100mila miliardi di dollari.
Le nuove regole auspicate da Geithner puntano ad agevolare le riforme decise all’indomani della crisi. Il Segretario statunitense del Tesoro ha chiaramente fatto capire che esse dovranno conformarsi al modello americano.
Le sue dichiarazioni sono state percepite come una risposta a Michel Barnier, Commissario europeo per il mercato interno, che venerdì scorso aveva chiesto a Washington di far avanzare le riforme del suo settore finanziario avvalendosi del modello delle riforme in corso in Europa.
Bruxelles teme infatti che le banche americane abbiano maggiori vantaggi a causa delle loro regole meno restrittive, soprattutto per quel che riguarda le esigenze in capitale proprio.
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A proposito di finanze, ristorni, accordi economici e quant’altro...
Contesto mondiale.
Le "nuove" (?) regole dell'economia che insistono sull'abbattimento degli stati nazionali, tenderanno sempre più alla formazione di "monopoli naturali" e un crescente divario tra i “vincenti” e “perdenti”. Se è vero, come qualcuno tenta di sostenere, che le diseguaglianze tra i popoli diventano meno marcate (uniformità), è altrettanto vero che la disparità di ricchezza e povertà all'interno dei popoli in realtà aumenta (squilibrio). Il punto determinante, tuttavia, quello che ha creato una situazione del tutto nuova, si è verificato con l'opera dei "tre club" più importanti nell' area finanziaria. Si è trattato di un passo fondamentale per giungere alla guida del gioco economico planetario, ovviamente non eletti da nessuno e non controllati da nessuno. (Tages Anzeiger: Der Mythos von der geheimen Weltregierung). A poco a poco è stato raggiunto lo scopo prioritario: la finanza ha incominciato a occupare, ai massimi livelli, il posto della politica. Anche se, come dice un interessante testo recentemente apparso, la mega-macchina del finanzcapitalismo è un fatto dapprima politico con conseguenze economiche.
Svizzera... italiana.
Veniamo ora al nostro "quartiere" (350mila abitanti). E mi permetto di citare: “Le popolazioni che sperimentano una maggiore insicurezza, sociale ed economica, ripiegheranno su una politica circoscritta allo specifico, alle risorse giuridiche nazionali e alle barriere fisiche che solo uno Stato territoriale può garantire”. Dopo decenni di relativo oscuramento, gli Stati-nazione tentano di riaffermare il loro ruolo predominante negli affari economici. In molti paesi europei sta già succedendo, basta guardare il fascino crescente del protezionismo nella realpolitik, il successo dei partiti «antimmigrati» in tutta l'Europa occidentale, le onnipresenti richieste di «muri» e «barriere».
A proposito di finanze, ristorni, accordi economici e quant’altro...
Contesto mondiale.
Le "nuove" (?) regole dell'economia che insistono sull'abbattimento degli stati nazionali, tenderanno sempre più alla formazione di "monopoli naturali" e un crescente divario tra i “vincenti” e “perdenti”. Se è vero, come qualcuno tenta di sostenere, che le diseguaglianze tra i popoli diventano meno marcate (uniformità), è altrettanto vero che la disparità di ricchezza e povertà all'interno dei popoli in realtà aumenta (squilibrio). Il punto determinante, tuttavia, quello che ha creato una situazione del tutto nuova, si è verificato con l'opera dei "tre club" più importanti nell' area finanziaria. Si è trattato di un passo fondamentale per giungere alla guida del gioco economico planetario, ovviamente non eletti da nessuno e non controllati da nessuno. (Tages Anzeiger: Der Mythos von der geheimen Weltregierung). A poco a poco è stato raggiunto lo scopo prioritario: la finanza ha incominciato a occupare, ai massimi livelli, il posto della politica. Anche se, come dice un interessante testo recentemente apparso, la mega-macchina del finanzcapitalismo è un fatto dapprima politico con conseguenze economiche.
Svizzera... italiana.
Veniamo ora al nostro "quartiere" (350mila abitanti). E mi permetto di citare: “Le popolazioni che sperimentano una maggiore insicurezza, sociale ed economica, ripiegheranno su una politica circoscritta allo specifico, alle risorse giuridiche nazionali e alle barriere fisiche che solo uno Stato territoriale può garantire”. Dopo decenni di relativo oscuramento, gli Stati-nazione tentano di riaffermare il loro ruolo predominante negli affari economici. In molti paesi europei sta già succedendo, basta guardare il fascino crescente del protezionismo nella realpolitik, il successo dei partiti «antimmigrati» in tutta l'Europa occidentale, le onnipresenti richieste di «muri» e «barriere».