Categories: Economia

L’euro collassa nei confronti del franco. Tensione per le privatizzazioni in Grecia

Nuovo record del franco sull’euro, sceso ieri a 1,2323 franchi, prima di risalire lievemente a 1,2385.
Il franco è forte anche nei confronti del dollaro americano, che lunedì sera si attestava a 0,8832 (0,8757 in giornata).

Anche lunedì è stata una giornata concitata e densa di timori per il debito nella Zona euro, in particolare per quanto riguarda la Grecia. Timori che hanno fatto scendere anche le Borse europee: -1.42% a Zurigo, -2% a Francoforte, – 1.89% a Londra l’1,89%, – 2.10% a Parigi e – 3.32% a Milano.

Ad Atene la situazione è critica e vi è tensione dopo le annunciate privatizzazioni della società di telecomunicazioni Ote, della banca Hellenic Postbank, dei due maggiori porti del paese e della società che gestisce le risorse idriche.
Per riuscire a ridurre il deficit 2011 al 7,5% del prodotto interno lordo il governo greco prevede nuove misure per oltre 6 miliardi di euro. L’obiettivo è un deficit inferiore al 3% entro i prossimi tre anni.
In cambio di un nuovo pacchetto di aiuti triennali, la Zona euro preme affinchè la Grecia privatizzi 15 miliardi di euro di asset pubblici prima del 2013.

Redazione

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  • Uno degli aspetti palesemente falsi su cui si regge il proselitismo liberista è quello secondo cui l’esplosione del debito pubblico delle nazioni occidentali, sia da imputare alle spese sociali sconsiderate. Nulla di più falso. In effetti tutto è iniziato con la crisi finanziaria del 2008. La media generale del debito pubblico nella zona euro, prima di allora si situava al disotto dell’uno percento del pil. Dopo la "crisi" (termine del tutto improprio), la percentuale è immediatamente salita al 7%. L’aumento del debito pubblico (sostenibile prima di allora) si è consolidato anche per le sconsiderate "ricette" liberiste rivelatesi poi fallimentari anche sulla crescita economica dei salariati. Inoltre la visione dominante attuamente presso la maggioranza dei governi europei, non è quella di difendere il potere d’aquisto della classe media abbandonata al suo declino, bensì quella di un tentativo maldestro di adattarsi alle esigenze della globalizzazione. I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri, i vantaggi e gli svantaggi tendono ad accumularsi, accrescendo le disparità economiche, sociali e culturali. Un fenomeno codificato, che ci coinvolge tutti. Per concludere: è codesta l'Europa che ci immaginiamo?

    • Il rapporto deficit/pil era nel 2009 del 6.3%, rispetto al 2% nel 2008, nella zona euro e del 6.8%, rispetto al 2.3% nel 2008 nell'Unione Europea (compresi cioè i Paesi che hanno ancora la propria moneta).

      Il rapporto deficit/pil NON è il rapporto debito pubblico/pil che ha raggiunto nel 2009 il 78.7% rispetto al 69.4% del 2008, nella zona euro, e il 73.6% nella UE, rispetto al 61.6% del 2008.

      Nel 2009 i paesi con un rapporto debito pubblico/pil superiore al 60% (tetto massimo previsto dal trattato di Maastricht) sono stati l’Italia (115.8%), la Grecia (115.1%), il Belgio (96.7%), l’Ungheria (78.3%), la Francia (77.6%), il Portogallo (76.8%), la Germania (73.2%), Malta (69.1%), la Gran Bretagna (68.1%), l’Austria (66.5%), l’Irlanda (64.0%) e l’Olanda (60.9%).
      I paesi con il minor rapporto debito pubblico/pil sono stati l’Estonia (7.2%), il Lussemburgo (14.5%), la Bulgaria (14.8%), la Romania (23.7%), la Lituania (29.3%) e la Repubblica Ceca (35.4%).
      (fonte: rapporto Eurostat).

      • Grazie Yago per la bella lezione di economia. Tuttavia le cifre che tu riporti e che sono reperibili su ogni bollettino economico-finanziario, non spostano di una virgola il concetto. Cioè che il tentativo di imputare alle spese sociali l’aumento dei debito pubblico (oppure del deficit pil) di uno Stato non passa. Ti offro la possibilità di contestare altre cifre. Un decimo della popolazione dei paesi anglossassoni detiene più del 40% della richezza globale. La parte più povera della popolazione è cresciuta nell’ultimo decennio del 6.4%. La retorica della "libertà di fare quello che non è proibito" ha in effetti sferrato un attacco frontale alle liberal-democrazie. Ha sostituito il pricipio di base della giustizia sociale (il principio, ovviamente) con criteri "rubati" al linguaggio economico predatorio, quali "costi/benefici", "efficienza" e "redditività". Inoltre le "crisi" economiche offrono alla destra finanziaria l'opportunità di tenere sotto controllo i salari e la manodopera. Il tentativo della turbofinanza e quello di ri-conquistare le diseguaglianze sociali ad essa funzionale, iniquità che la politica illuminata delle socialdemocrazie europee stavano, con grande fatica, tentando di attenuare.

        • Carissimo, ti regalo un mio pensiero più terre à terre, limitatamente al mio Paese che è la Svizzera (ma vale anche per altri paesi democratici).
          Per il sociale si spendono ogni anno una barca di miliardi necessari e dovuti ma a volte mal collocati e senza un controllo. Ad assicurare questi soldi contribuisce in grandissima parte l'economia (industria, finanza, commercio, turismo, popolazione attiva,.....).
          L'incidenza di questi costi pesa enormemente nei bilanci di qualsiasi attività sopracitata e si traduce in un costo del lavoro eccessivo che mette spesso in difficoltà l'intera economia. Volere preventivamente caricare ulteriormente questi costi non è politica saggia.
          Più saggio appare invece agevolare queste aziende che producono ricchezza e posti di lavoro, in modo tale che con i loro utili si possono sostenere dignitosamente i costi del sociale.
          Una buona regola dovrebbe essere quella che i soldi, prima li guadagno e poi li spendo per soddisfare le esigenze del sociale. L'esperienza mi insegna che il contrario è prassi estremamente pericolosa e foriera di miseria, degrado e fallimento (Vedi, Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, ecc. ecc. ........).

        • Potranno anche non spostare il concetto secondo te ma...
          qualche appunto:
          1. se mi scrivi che le cifre da me riportate "sono reperibili su ogni bollettino economico-finanziario" non capisco perché tu abbia voluto sparare le tue a caso...
          2.il deficit/pil è il risultato delle spese pubbliche rapportato con le entrate (solitamente fiscali). Da notare che se il pil è diminuito ma la pressione fiscale è aumentata si avrà un risultato falsato.
          3. La Svizzera è uno Stato sociale (non socialista). Durante una crisi, come quella ancora in atto, dove le aziende falliscono o fanno meno utili e gli operai perdono il lavoro, è una cosa lapalissiana che bisogna o alzare le imposte o contenere le spese sociali se non si vuol avere un esplosione del debito pubblico. Certo, si può attingere dalle riserve, ma a lungo andare non è una cosa che può reggere.
          4. Rimani un po' troppo sul vago e sei confuso, non è che si capisca molto cosa vorresti dire...

  • Uno degli aspetti palesemente falsi su cui si regge il proselitismo liberista è quello secondo cui l’esplosione del debito pubblico delle nazioni occidentali, sia da imputare alle spese sociali sconsiderate. Nulla di più falso. In effetti tutto è iniziato con la crisi finanziaria del 2008. La media generale del debito pubblico nella zona euro, prima di allora si situava al disotto dell’uno percento del pil. Dopo la "crisi" (termine del tutto improprio), la percentuale è immediatamente salita al 7%. L’aumento del debito pubblico (sostenibile prima di allora) si è consolidato anche per le sconsiderate "ricette" liberiste rivelatesi poi fallimentari anche sulla crescita economica dei salariati. Inoltre la visione dominante attuamente presso la maggioranza dei governi europei, non è quella di difendere il potere d’aquisto della classe media abbandonata al suo declino, bensì quella di un tentativo maldestro di adattarsi alle esigenze della globalizzazione. I ricchi diventano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri, i vantaggi e gli svantaggi tendono ad accumularsi, accrescendo le disparità economiche, sociali e culturali. Un fenomeno codificato, che ci coinvolge tutti. Per concludere: è codesta l'Europa che ci immaginiamo?

    • Il rapporto deficit/pil era nel 2009 del 6.3%, rispetto al 2% nel 2008, nella zona euro e del 6.8%, rispetto al 2.3% nel 2008 nell'Unione Europea (compresi cioè i Paesi che hanno ancora la propria moneta).

      Il rapporto deficit/pil NON è il rapporto debito pubblico/pil che ha raggiunto nel 2009 il 78.7% rispetto al 69.4% del 2008, nella zona euro, e il 73.6% nella UE, rispetto al 61.6% del 2008.

      Nel 2009 i paesi con un rapporto debito pubblico/pil superiore al 60% (tetto massimo previsto dal trattato di Maastricht) sono stati l’Italia (115.8%), la Grecia (115.1%), il Belgio (96.7%), l’Ungheria (78.3%), la Francia (77.6%), il Portogallo (76.8%), la Germania (73.2%), Malta (69.1%), la Gran Bretagna (68.1%), l’Austria (66.5%), l’Irlanda (64.0%) e l’Olanda (60.9%).
      I paesi con il minor rapporto debito pubblico/pil sono stati l’Estonia (7.2%), il Lussemburgo (14.5%), la Bulgaria (14.8%), la Romania (23.7%), la Lituania (29.3%) e la Repubblica Ceca (35.4%).
      (fonte: rapporto Eurostat).

      • Grazie Yago per la bella lezione di economia. Tuttavia le cifre che tu riporti e che sono reperibili su ogni bollettino economico-finanziario, non spostano di una virgola il concetto. Cioè che il tentativo di imputare alle spese sociali l’aumento dei debito pubblico (oppure del deficit pil) di uno Stato non passa. Ti offro la possibilità di contestare altre cifre. Un decimo della popolazione dei paesi anglossassoni detiene più del 40% della richezza globale. La parte più povera della popolazione è cresciuta nell’ultimo decennio del 6.4%. La retorica della "libertà di fare quello che non è proibito" ha in effetti sferrato un attacco frontale alle liberal-democrazie. Ha sostituito il pricipio di base della giustizia sociale (il principio, ovviamente) con criteri "rubati" al linguaggio economico predatorio, quali "costi/benefici", "efficienza" e "redditività". Inoltre le "crisi" economiche offrono alla destra finanziaria l'opportunità di tenere sotto controllo i salari e la manodopera. Il tentativo della turbofinanza e quello di ri-conquistare le diseguaglianze sociali ad essa funzionale, iniquità che la politica illuminata delle socialdemocrazie europee stavano, con grande fatica, tentando di attenuare.

        • Carissimo, ti regalo un mio pensiero più terre à terre, limitatamente al mio Paese che è la Svizzera (ma vale anche per altri paesi democratici).
          Per il sociale si spendono ogni anno una barca di miliardi necessari e dovuti ma a volte mal collocati e senza un controllo. Ad assicurare questi soldi contribuisce in grandissima parte l'economia (industria, finanza, commercio, turismo, popolazione attiva,.....).
          L'incidenza di questi costi pesa enormemente nei bilanci di qualsiasi attività sopracitata e si traduce in un costo del lavoro eccessivo che mette spesso in difficoltà l'intera economia. Volere preventivamente caricare ulteriormente questi costi non è politica saggia.
          Più saggio appare invece agevolare queste aziende che producono ricchezza e posti di lavoro, in modo tale che con i loro utili si possono sostenere dignitosamente i costi del sociale.
          Una buona regola dovrebbe essere quella che i soldi, prima li guadagno e poi li spendo per soddisfare le esigenze del sociale. L'esperienza mi insegna che il contrario è prassi estremamente pericolosa e foriera di miseria, degrado e fallimento (Vedi, Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, ecc. ecc. ........).

        • Potranno anche non spostare il concetto secondo te ma...
          qualche appunto:
          1. se mi scrivi che le cifre da me riportate "sono reperibili su ogni bollettino economico-finanziario" non capisco perché tu abbia voluto sparare le tue a caso...
          2.il deficit/pil è il risultato delle spese pubbliche rapportato con le entrate (solitamente fiscali). Da notare che se il pil è diminuito ma la pressione fiscale è aumentata si avrà un risultato falsato.
          3. La Svizzera è uno Stato sociale (non socialista). Durante una crisi, come quella ancora in atto, dove le aziende falliscono o fanno meno utili e gli operai perdono il lavoro, è una cosa lapalissiana che bisogna o alzare le imposte o contenere le spese sociali se non si vuol avere un esplosione del debito pubblico. Certo, si può attingere dalle riserve, ma a lungo andare non è una cosa che può reggere.
          4. Rimani un po' troppo sul vago e sei confuso, non è che si capisca molto cosa vorresti dire...

  • Ottimo intervento di Venturi a contesto, che ha definito giustamente inutili e stupidi gli interventi della Banca Nazionale a sostegno dell'euro.

  • Ottimo intervento di Venturi a contesto, che ha definito giustamente inutili e stupidi gli interventi della Banca Nazionale a sostegno dell'euro.

  • Cari Bike e Yago, non per amor di polemica, bensì perché trovo stimolante il confronto, mi sento di affermare che qui si si comparano due visioni dello stesso problema. Da una parte la difesa di un modello sociale che pensa ai perdenti, a una giusta protezione sociale, a sevizi pubblici efficienti e concorenziali, frutto di sofferti compromessi e di un’equa politica fiscale. Dall’altra, mi sembra di intuire, una visione più "liberista", un adeguamento fiducioso ai dettami della mondializzazzione del mercato, ad una visione più individualista del successo economico. Ma parrebbe anche di scorgere nel tuo dire, che la maggioranza degli Stati europei hanno buttato dalla finestra con "regali sociali" i soldi guadagnati con grande fatica dal privato. Le cose non stanno proprio così. Cominciamo col dire che la crisi del 2008 è nata e si è consumata proprio nel rispetto dei principi liberisti, ed è stata purtroppo la comunità dei contribuenti salariati a pagare (e non è finita qui...) lo scotto. La società dei "liberisti" è contaminata da un "umanesimo" di facciata, ciò che conta davvero è invece utilizzare un consenso frutto delle lusinghe manipolatorie per avere carta bianca. Credo avrai già sentito parlare delle "gated communities". "Sono zone residenziali, spesso protette da cancelli e muri. Sono in genere abitate da persone appartenenti a ceti medio-alti. Il fenomeno si è largamente esteso negli USA, ad alcuni settori di Londra e al resto d'Europa, oltre che all'America Latina (condominios fechados) e ai ricchi porti franchi dell'Asia, da Singapore a Shanghai (country clubs) e sono simbolo di "status", spudorata ammissione del desiderio di separarsi dagli altri membri della società e riconoscimento formale dell'incapacità o della mancanza di volontà dello Stato (o delle autorità municipali) di imporre la propria autorità su uno spazio pubblico uniforme." Teniamone conto. Anche alle nostre latitudini c’è chi tifa per queste scelte... sociali.

    • Ho la netta impressione che ti fai sempre più confuso...
      Mai stato all'Olgiata? Beh, già 30 anni fa era controllata da guardie private, era circondata da muri e, per accedervi, avevi bisogno di un invito.
      Non sono affatto un'invenzione "moderna".
      Da noi trovi parecchie vie private, il cui accesso è proibito se non previo, appunto, invito. Io abito in una via privata, abbiamo lasciato libero accesso e la manutenzione è rigorosamente a nostro carico (mi sembra ovvio) ma se domani volessimo chiuderla nessuno potrebbe farci il benché minimo problema. Stessa cosa per l'accesso in uno stabile, suoni il campanello e ti viene aperto se sei benaccetto, in caso contrario rimani fuori. La sostanza non cambia. Sia uno sia l'altro non sono autonomi, gli abitanti hanno diritti e doveri come ogni altro cittadino del Paese in cui sono collocati, si fanno carico di tutte le spese di gestione, della sicurezza, del mantenimento, ecc.
      Non sono un'invenzione liberista.
      Senso di sicurezza non status sociale, quello sì che, in certi casi, è venuto dopo.

      • Ma bravo Yago! Quindi il modello Olgiata è un modello di sviluppo compatibile con una tua moderna visione economica? La prima volta che sentirai parlare un/una esponenete "per radio o per tv" di una visione democratica dell’economia liberista, calcola (visto che i calcoli li sai fare bene) quante persone del pianeta avranno la possibilità di chiudersi in queste oasi di abbondanza. Dentro: facce felici, piscine, prati ben curati. Fuori: la massa povera che silenziosamente urla la propria disperazione. Sullo sfondo rimangono ancora gli occhi dei bambini che sporchi e malnutriti corrono su cumuli d’immondizia, oltre il muro c’è però la piscina, la palestra, la scuola per i figli e lo sguardo vigile ed armato della vigilanza privata che controlla l’entrata di pedoni, biciclette ed automobili. Così si può riassumere la presenza nei territori nazionali di una gated community. In sostanza un agglomerato d’abitazioni di di spinge sull'acceleratore del liberismo. Presto sui nostri schermi?

  • Cari Bike e Yago, non per amor di polemica, bensì perché trovo stimolante il confronto, mi sento di affermare che qui si si comparano due visioni dello stesso problema. Da una parte la difesa di un modello sociale che pensa ai perdenti, a una giusta protezione sociale, a sevizi pubblici efficienti e concorenziali, frutto di sofferti compromessi e di un’equa politica fiscale. Dall’altra, mi sembra di intuire, una visione più "liberista", un adeguamento fiducioso ai dettami della mondializzazzione del mercato, ad una visione più individualista del successo economico. Ma parrebbe anche di scorgere nel tuo dire, che la maggioranza degli Stati europei hanno buttato dalla finestra con "regali sociali" i soldi guadagnati con grande fatica dal privato. Le cose non stanno proprio così. Cominciamo col dire che la crisi del 2008 è nata e si è consumata proprio nel rispetto dei principi liberisti, ed è stata purtroppo la comunità dei contribuenti salariati a pagare (e non è finita qui...) lo scotto. La società dei "liberisti" è contaminata da un "umanesimo" di facciata, ciò che conta davvero è invece utilizzare un consenso frutto delle lusinghe manipolatorie per avere carta bianca. Credo avrai già sentito parlare delle "gated communities". "Sono zone residenziali, spesso protette da cancelli e muri. Sono in genere abitate da persone appartenenti a ceti medio-alti. Il fenomeno si è largamente esteso negli USA, ad alcuni settori di Londra e al resto d'Europa, oltre che all'America Latina (condominios fechados) e ai ricchi porti franchi dell'Asia, da Singapore a Shanghai (country clubs) e sono simbolo di "status", spudorata ammissione del desiderio di separarsi dagli altri membri della società e riconoscimento formale dell'incapacità o della mancanza di volontà dello Stato (o delle autorità municipali) di imporre la propria autorità su uno spazio pubblico uniforme." Teniamone conto. Anche alle nostre latitudini c’è chi tifa per queste scelte... sociali.

    • Ho la netta impressione che ti fai sempre più confuso...
      Mai stato all'Olgiata? Beh, già 30 anni fa era controllata da guardie private, era circondata da muri e, per accedervi, avevi bisogno di un invito.
      Non sono affatto un'invenzione "moderna".
      Da noi trovi parecchie vie private, il cui accesso è proibito se non previo, appunto, invito. Io abito in una via privata, abbiamo lasciato libero accesso e la manutenzione è rigorosamente a nostro carico (mi sembra ovvio) ma se domani volessimo chiuderla nessuno potrebbe farci il benché minimo problema. Stessa cosa per l'accesso in uno stabile, suoni il campanello e ti viene aperto se sei benaccetto, in caso contrario rimani fuori. La sostanza non cambia. Sia uno sia l'altro non sono autonomi, gli abitanti hanno diritti e doveri come ogni altro cittadino del Paese in cui sono collocati, si fanno carico di tutte le spese di gestione, della sicurezza, del mantenimento, ecc.
      Non sono un'invenzione liberista.
      Senso di sicurezza non status sociale, quello sì che, in certi casi, è venuto dopo.

      • Ma bravo Yago! Quindi il modello Olgiata è un modello di sviluppo compatibile con una tua moderna visione economica? La prima volta che sentirai parlare un/una esponenete "per radio o per tv" di una visione democratica dell’economia liberista, calcola (visto che i calcoli li sai fare bene) quante persone del pianeta avranno la possibilità di chiudersi in queste oasi di abbondanza. Dentro: facce felici, piscine, prati ben curati. Fuori: la massa povera che silenziosamente urla la propria disperazione. Sullo sfondo rimangono ancora gli occhi dei bambini che sporchi e malnutriti corrono su cumuli d’immondizia, oltre il muro c’è però la piscina, la palestra, la scuola per i figli e lo sguardo vigile ed armato della vigilanza privata che controlla l’entrata di pedoni, biciclette ed automobili. Così si può riassumere la presenza nei territori nazionali di una gated community. In sostanza un agglomerato d’abitazioni di di spinge sull'acceleratore del liberismo. Presto sui nostri schermi?

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