Nell’Unione europea ad aprile l’inflazione è salita al 2.8%, contro il 2.7% di marzo. Per il cittadino comune ciò significa che partendo con un capitale di 100 franchi a inizio anno, deve poter investire i suoi soldi ad un tasso di almeno 2,8% per trovarsi dopo 12 mesi con 102,80 franchi e mantenere così lo stesso potere d’acquisto, senza però essersi arricchito di un solo centesimo.
Questo però non è attualmente possibile, dato che i tassi d’interesse sono mantenuti artificialmente bassi per facilitare la ripresa economica, rispettivamente per tentare di soffocare un’esplosione dell’inflazione che sarebbe devastante per l’economia. Di conseguenza ogni anno il cittadino che dispone di un certo capitale perde soldi, e sono molti se si calcolano tutti quelli dell’intera economia dell’UE.
Si assiste quindi ad una fuga di capitali dai circuiti tradizionali a quelli della speculazione, dove l’investitore spera di ottenere di più e più rapidamente. D’altro canto, il cittadino che non possiede risparmi si vede sempre più povero e quindi, per forza maggiore, spende meno. Questi due fenomeni accumulati generano ulteriori problemi all’economia, che in mancanza di consumi e di investimenti cresce a ritmi troppo lenti per uscire dall’attuale crisi nei tempi auspicati.
Ma le cose sembrano mettersi ben peggio per il dollaro USA e per l’economia statunitense. Nonostante questa “fiacchezza” dell’economia europea, che comunque si dimostra più solida di quanto vogliano far credere le agenzie di rating americane, l’euro ha recuperato nei confronti del dollaro americano ben 13 centesimi (poco meno del 10%) in meno di tre mesi, passando dall’1.35 di metà febbraio all’1,48 attuale.
Risulta infatti sempre più difficile celare la crisi di un’economia USA profondamente deficitaria e segnata da squilibri sociali. Oramai nemmeno una notizia positiva e folgorante come quella dell’eliminazione del grande nemico Osama Bin Laden riesce più a rianimare il dollaro e a toglierlo, sia pur per qualche giorno, dai binari di un inesorabile declino.
Una situazione che può avere effetti di portata mondiale anche se oggi nessuno è in grado di valutare sia pur approssimativamente le conseguenze di un crash del dollaro. Un crash che fonti attendibili danno per scontato nel secondo semestre dell’anno e le cui avvisaglie si vedono già oggi, con la sostanziosa perdita di valore della moneta americana anche nei confronti dell’euro, che sicuramente non è una moneta forte.
Rave
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Più che per un crash nel secondo semestre opterei per una lunga agonia e l'abbandono del dollaro come valuta per le transazioni internazionali.
A decidere però sarà la Cina, il Paese più esposto e con le maggiori "scorte", che da una parte vorrebbe appunto l'abbandono del dollaro, dall'altra si ritrova con dei crediti che vengono costantemente svalutati.
effettivamente i cinesi sono attanagliati da un grosso dilemma non oso pensare ad una loro improvvisa dismissione dal debito USA. Sarebbe da andare a monte con tutto e creare un NewDollar. Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto. :oops: