Ecco una storia di ordinaria censura da parte del quotidiano La Regione e in particolare del suo vicedirettore Aldo Bertagni.

Nell’edizione del 20 aprile di questo giornale vien pubblicata una lettera del losonese Alberto Jelmini nella quale si dice peste e corna dell’iniziativa popolare antiburqa.
La lettera, ricopiata sul mio computer in formato word, risulta essere lunga 25 righe, pari a 2’496 caratteri (spazi inclusi).
Da notare che nella “testatina” dell’apposita rubrica del giornale è specificato che “le lettere dei lettori non devono normalmente superare le 25 righe dattiloscritte di 60 battute per riga (1’500 battute). La redazione si riserva di accorciare i testi”.
Quindi vi è una discordanza che non riesco a spiegarmi, e che si presta a malintesi, fra il numero massimo delle battute indicate dal giornale per un testo di 25 righe dattiloscritte e quello effettivo calcolato dal computer.

Nella mia veste di promotore della contestata iniziativa invio una lettera di risposta al giornale e spero che nessuno vorrà negare questo mio diritto.
Il testo è lungo 31 righe, pari a 3’120 caratteri (spazi inclusi). Dal giornale mi telefonano per avvisarmi che la lettera verrà tagliata in quanto troppo lunga.
Al che invio un messaggio email al responsabile della rubrica (Aldo Bertagni) informandolo che per quanto riguarda i testi che recano la mia firma “vorrei poter decidere io se e dove eventualmente tagliare”, fermo restando che in caso di mio rifiuto ad accorciare il testo il giornale non è tenuto a pubblicare la mia lettera.
Nel messaggio specifico che se il problema è la lunghezza allora mi si comunichi quanto devo tagliare, ma se invece il problema è di contenuto “allora sarei più propenso a ritirare la lettera perché detesto ogni forma di censura immotivata”.

Bertagni mi risponde confermandomi che il problema è la lunghezza, ma non mi dice quanto devo tagliare : in pratica non vuole che sia io a decidere dove tagliare la mia lettera (!). Egli mi ricorda che il Consiglio svizzero della stampa li autorizza a tagliare (senza ovviamente snaturare il contenuto) e aggiunge che “così fan tutti in tutto il mondo”.
Poi, dopo avermi ricordato la lunghezza massima dei testi riportata nella “testatina” della rubrica, conclude con un perentorio “se non ti va bene mi dispiace ma dobbiamo lasciar perdere”. Prendere o lasciare, insomma.
Al che gli rispondo facendogli notare che in definitiva non mi aveva ancora detto di quanto andava accorciato il testo e precisando che, in base a una direttiva del Consiglio della stampa del 1998 “tagliare le lettere di un lettore quando questi ha espressamente chiesto che venga pubblicata integralmente è contrario all’etica giornalistica, e che in questi casi la redazione deve rispettare la richiesta dell’autore o rifiutarsi di pubblicare il testo”. E allego una versione raccorciata della mia lettera chiedendo che venga pubblicata integralmente: la nuova versione è lunga 26 righe, pari a 2’600 caratteri (spazi inclusi), cioé più o meno come quella contraria all’iniziativa pubblicata dalla Regione. Lapidaria la risposta di Bertagni, che evidentemente aspettava solo un pretesto : “OK, non te la pubblichiamo”.

C’è da trasecolare ! Un giornale pubblica una lettera contraria a un’iniziativa popolare e lo stesso giornale si rifiuta poi di pubblicare una risposta del promotore dell’iniziativa, della STESSA LUNGHEZZA e ciò solo per una ripicca del responsabile della rubrica, che avrebbe voluto essere lui a decidere dove e come tagliare.
Quindi il più che legittimo sospetto è che il problema non era la lunghezza della lettera, ma qualche suo contenuto sgradito al giornale, il cui direttore aveva già avuto modo di esprimersi in passato contro un’eventuale iniziativa antiburqa (vedi suo editoriale dell’8 maggio 2010 intitolato “Per non finire ostaggi degli incendiari”).
Se questa non è censura bella e buona allora non saprei come chiamarla.

Certo che se la rubrica delle lettere dei lettori viene gestita in questo modo non v’è da stupirsi se le lettere che si leggono su La Regione, ad esempio in tema di Islam, rappresentino in genere una sola campana, quella “buonista e politicamente corretta” gradita alla direzione del giornale. Bel modo di favorire il dibattito e di aiutare i lettori a formarsi liberamente una propria opinione.
Del resto, a proposito del burqa questo giornale si era già distinto un anno fa non pubblicando la notizia che una mia petizione contro la dissimulazione del viso in pubblico, indirizzata al Gran Consiglio, era stata sottoscritta da quasi 3’000 persone.
E ancora più recentemente questo stesso giornale aveva sottaciuto il fatto che fra i membri del comitato promotore dell’iniziativa antiburqa vi era Marina Masoni. Mi si dirà che in Svizzera c’è la libertà di stampa e che dunque ogni giornale può decidere che notizie pubblicare o non pubblicare. Ma questi non sono certo esempi di una corretta informazione.

Quindi, per chi avesse ancora dei dubbi, l’”incidente” della lettera censurata non è stato casuale: si è cercato il pretesto per non pubblicarla e lo si è trovato. Poi questo giornale, che invece di fare qualche autocritica non perde occasione per criticare il Mattino della domenica, si chiede il perché sempre più gente (sottoscritto compreso) vota per la Lega dei ticinesi…

Giorgio Ghiringhelli, promotore dell’iniziativa antiburqa