Lo scorso fine settimana la popolazione islandese ha respinto il referendum sul rimborso a Gran Bretagna e Paesi Bassi dei 4 miliardi di euro di debiti generati dal fallimento, nel 2008, della banca islandese Icesave .
“Un atteggiamento che potrebbe venir imitato da paesi indebitati come Grecia e Portogallo – scrive oggi il quotidiano olandese NRC Handelsblad – Il cittadino medio non si sente responsabile dei guai causati dalle banche e dal governo ed è ormai solo una questione di tempo prima che i paesi che oggi contribuiscono a portare aiuti finanziari – soprattutto la Germania – vengano considerati come dei nemici. Il pericoloso segnale giunto dall’Islanda fa capire quanto sia imperativo bloccare questo processo prima che acquisisca una dinamica propria.”
Il litigio sul rimborso islandese verrà adesso risolto dall’Associazione europea di libero scambio, un processo che sarà lungo e costoso.
Il presidente islandese Grimsson ha dichiarato che il no al referendum – il secondo dopo quello del marzo 2010 – non significa che gli elettori hanno respinto il risarcimento del debito, ma l’ammontare dei tassi d’interesse.
Quando nell’autunno 2008 la crisi colpì le banche in Islanda, lo Stato si fece garante dei depositi degli istituti sul territorio islandese. Non garantì invece per le banche del paese che operavano all’estero, come Icesave, filiale di Landsbanski.
I governi di Gran Bretagna e Paesi Bassi dovettero intervenire in aiuto delle migliaia di risparmiatori britannici e olandesi che si erano fatti attirare dai tassi fra il 5% e il 6% promessi da Icesave. Questo è il debito che gli elettori islandesi hanno rifiutato, per la seconda volta, di assumere.
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