La dislessia è un disturbo che si riscontra in un allievo su 20. Questo ragazzo, pur avendo possibilità cognitive normali o superiori alla norma, riscontra grosse difficoltà durante il suo curriculum scolastico e oltre ad aver problemi durante la formazione scolastica e/o professionale, spesso soffre e vive un forte disagio. Molto importante, se non basilare, è che i docenti capiscano queste difficoltà e sappiano affrontarle insieme al ragazzo e alla famiglia. È giusto dunque che i essi siano informati e formati per questo.

La dislessia, come la disgrafia, la discalculia e altre forme cognitive particolari, non è un problema frequente ma si ripresenta regolarmente nelle nostre classi, in genere appare nei primi anni di scuola elementare, per poi acutizzarsi, non come numero di presenze, ma come difficoltà di apprendimento e inserimento scolastico nelle scuole medie e medie superiori.
La dislessia è un disturbo di automatizzazione del passaggio fra il segno e il suono o il concetto, in presenza di un quoziente intellettivo medio o medio-alto. Altrimenti detto il ragazzo si trova a capire ciò che vien spiegato e discusso ma trova difficoltà nel tradurre i concetti e i suoni in segni (scrittura) o il contrario.
In presenza di questa difficoltà, il ragazzo, pur essendo definito in genere come “intelligente” (tra virgolette poiché questo termine non risulta conforme alla definizione scientifica del concetto di intelligenza) non riesce ad appropriarsi con la stessa velocità dei suoi colleghi di classe, delle capacità di lettura (velocità, precisione e comprensione) e viene perciò fortemente svantaggiato nel lavoro scolastico quotidiano. A volte la difficoltà è minima e il ragazzo può, con strategie sue personali, evitare gravi conseguenze come ripetute bocciature o peggio disagi nell’inserimento nel tessuto scolastico.
Altre volte la particolarità è più marcata ed evidente e porta il ragazzo, ma poi inevitabilmente anche il suo ambiente e la sua famiglia, a disagi e sofferenze non sempre prevedibili e riconoscibili a breve tempo.
Se già la diagnosi di un tale disturbo si dimostra difficoltosa, la sua terapia o meglio l’atteggiamento da prendere con loro è altrettanto complesso e delicato.
Negli ultimi tempi, in ambito professionale ma pure nel cerchio delle conoscenze, abbiamo avuto modo di avvicinare più casi di dislessia e troppo spesso abbiamo sentito le tristi esperienze avute dai genitori e dalle famiglie, per le difficoltà incontrate proprio nella collaborazione con il personale insegnante. Spesso i ragazzi sono stati inviati e seguiti regolarmente dai servizi di sostegno pedagogico cantonale, senza però che si prendessero le giuste misure di inserimento nel mondo della classe e del lavoro scolastico quotidiano.
Diversi studi stimano la presenza di dislessia al 5% della popolazione scolastica: 5 su 100, cioè 1 su 20, cioè un ragazzo in ogni classe.

Mi permetto perciò di porre al nostro lodevole Consiglio di Stato le seguenti domande:
1- quanti casi di dislessia sono stati individuati per anno, negli ultimi 10anni, nelle nostre scuole comunali e cantonali?
2- Su quali basi viene svolto il percorso di chiarimento diagnostico per confermare e/o negare la presenza del disturbo dislessico?
3- Di quale formazione fruisce il docente durante il suo percorso formativo?
4- Quale ruolo ricopre il Servizio di Sostegno Pedagogico per questi ragazzi?
5- Quali Associazioni private (Associazioni genitori, fondazioni, gruppi) vengono coinvolte in questo percorso?

Con ossequio
Paolo Peduzzi Seo Arrigoni Nadia Ghisolfi