Sono in aumento le segnalazioni che giungono al sindacato OCST di ditte che hanno deciso di versare i salari ai lavoratori frontalieri in euro. Alcuni casi sono già stati denunciati all’autorità cantonale competente.
Dal profilo giuridico una tale procedura non è per principio ammissibile, ritenuto come il Codice delle Obbligazioni sancisce il principio che i debiti di natura pecuniaria (come lo sono i salari) debbano venir versati con i mezzi di pagamento della moneta in cui è stato contratto il debito. Il salario viene normalmente fissato in franchi e di conseguenza non è possibile il versamento in altre valute.
Il versamento del salario in euro contravviene pure alle disposizioni dell’Accordo bilaterale sulla libera circolazione tra la Svizzera e l’Unione europea (ALCP). Tale accordo, entrato in vigore nel 2002, vieta la discriminazione tra i salariati provenienti dall’Unione europea e i salariati svizzeri in ragione della loro nazionalità. In modo particolare è vietata la discriminazione salariale.
Il versamento del salario in euro, prospettato e applicato da alcune ditte ticinesi, è legato al luogo di residenza dei lavoratori frontalieri e non necessariamente dalla nazionalità. Su questo aspetto il Tribunale Federale ha però già avuto modo di esprimersi stabilendo che di principio la disparità di trattamento in virtù del luogo di residenza del dipendente è assimilabile a quella attuata in base alla nazionalità.
La libera circolazione delle persone suscita preoccupazioni circa il possibile, e talvolta avvenuto, fenomeno di dumping salariale. Il versamento in euro dei salari ai frontalieri può generare lo stesso fenomeno; i datori di lavoro avrebbero interesse ad assumere lavoratori frontalieri, pagati in euro, e quindi con salari inferiori rispetto ai salari che dovrebbero versare ai lavoratori svizzeri che devono essere pagati in franchi. Le prime vittime di questa dumping salariale sarebbero quindi i lavoratori residenti in svizzera.
È quindi imperativo fare in modo che, rispettando l’Accordo sulla libera circolazione, i lavoratori stranieri siano trattati alla stregua dei lavoratori svizzeri. Evidentemente non abbassando i salari svizzeri al livello di quanto si vorrebbe versare ai lavoratori stranieri. Il Tribunale Federale ha d’altronde sempre rilevato come le regole che proteggono i lavoratori esteri contro i salari inferiori a quelli svizzeri mirano principalmente a proteggere la manodopera locale e a garantire la pace del lavoro.
Ritengo quindi che l’autorità politica cantonale non possa ignorare il fenomeno del versamento in euro dei salari ai frontalieri e debba intervenire, con i mezzi a sua disposizione, per evitare una ulteriore pressione sui salari svizzeri e una discriminazione nei confronti di quest’ultimi lavoratori. Il mancato rispetto delle disposizioni sulla libera circolazione prevede la possibilità di non concedere i permessi di lavoro alle ditte che disattendono il principio della non discriminazione tra lavoratori svizzeri e lavoratori esteri.
Chiedo pertanto al Consiglio di Stato:
1. È a conoscenza dell’aumento di casi di ditte che versano i salari in euro a lavoratori frontalieri?
2. Queste pratiche non sono forse in contraddizione con gli accordi bilaterali sulla libera circolazione che impediscono la discriminazione fra lavoratori comunitari e salariati svizzeri?
3. Se sì, come valuta questa situazione e come intende intervenire.
4. È ipotizzabile la possibilità di negare i permessi di lavoro alle ditte che non rispettano il principio di parità di trattamento tra lavoratori svizzeri e lavoratori esteri?
5. Non ritiene opportuno sollecitare il Consiglio federale ad emanare disposizioni chiare e vincolanti sul pagamento dei salari in franchi in modo da eliminare qualsiasi margine di interpretazione ed applicazione contraria a questo principio?
Gianni Guidicelli
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I dirigenti di queste aziende sarebbero quelli che si fanno chiamare "imprenditori"?