Il comitato promotore, é composto dallo stesso Giorgio Ghiringhelli primo firmatario, Iris Canonica di Bidogno, Olga Cippà di Vira Gambarogno, Marina Masoni di Lugano, Lorenzo Quadri di Lugano, Edo Pellegrini di Vacallo, Alberto Siccardi di Sonvico , Leda Soldati di Lugano e Roberta Soldati di Losone. Il testo verrà presentato ufficialmente alla stampa venerdì 25 marzo.



L’iniziativa mira soprattutto a impedire preventivamente la diffusione dalle nostre parti del burqa e del niqab, e ciò soprattutto per motivi di sicurezza – scrive Ghiringhelli – ma anche per altri svariati motivi che il primo firmatario si riserva di illustrare meglio nel corso della conferenza stampa. Per il testo dell’iniziativa il comitato si é ispirato alla legge antiburqa approvata dal Parlamento francese nell’autunno scorso e che entrerà in vigore l’11 aprile.

Si tratta di un’iniziativa costituzionale, dal momento che chiede di inserire tale divieto nella Costituzione cantonale, per cui il comitato dovrà raccogliere 10’000 firme (invece delle 7’000 richieste per delle iniziative legislative) . Ghiringhelli spiega la scelta di aver optato per un’iniziativa costituzionale ( anziché legislativa) ed elaborata (anziché generica) , per tre motivi :

1) evitare “furbate” da parte del Gran Consiglio , mettendolo di fronte a un testo già “confezionato” e che non potrà modificare a suo piacimento (al massimo potrà contrapporgli un controprogetto)

2) Fare in modo che sia il Popolo a decidere ( infatti una legge può essere modificata in ogni tempo dal Parlamento senza un voto popolare – a meno del lancio di un referendum – mentre che qualsiasi modifica della Costituzione deve obbligatoriamente essere posta in votazione popolare)

3) portare il dibattito sul burqa a livello federale. Difatti ogni modifica di una Costituzione cantonale deve essere sottoposta all’Assemblea federale per la Garanzia federale, ovvero per l’attestazione che la nuova normativa non è in contrasto con la Costituzione federale. Quindi se il Popolo approverà l’iniziativa, il dibattito ticinese avrà un’eco anche a Berna. Una volta ottenuta tale Garanzia ( e non v’è motivo perche la stessa sia negata visto che la formulazione della nuova norma non è discriminatoria e visto che la stessa rientra nelle misure di sicurezza del proprio territorio di cui ogni Cantone in base all’art. 4 della Legge federale per la salvaguardia della sicurezza interna è responsabile), l’esempio del Ticino potrebbe fare scuola in altri Cantoni, dove finora sono state presentate solo iniziative parlamentari sull’argomento, tutte bocciate dai vari Parlamenti cantonali ( ad eccezione di quella del Parlamento di Argovia, che però chiedeva di introdurre il divieto di nascondere il viso a livello federale e che è già stata bocciata negli scorsi giorni dal Consiglio degli Stati).

“A scanso delle solite facili battute -scrive Ghiringhelli – con le quali si etichettano le iniziativa popolari lanciate in periodi di elezioni, tengo a sottolineare che la scelta di lanciare questa iniziativa a due settimane dalle elezioni non è stata presa per scopi elettorali ( dal momento che né il sottoscritto promotore, né il mio movimento politico con il quale in passato avevo preso parte per tre volte alle elezioni cantonali, prenderanno parte alle prossime elezioni cantonali), ma per poter sfruttare la ghiotta e irripetibile occasione fornita dalla possibilità di raccogliere firme davanti ai seggi elettorali in occasione delle elezioni del 10 aprile, quando non vi sarà il voto per corrispondenza e quindi tutti i votanti dovranno passare davanti a queste bancarelle. Come organizzatore sarei stato un pirla se, con ben 10’000 firme da raccogliere, non avessi sfruttato questa occasione.
E’ pur vero – prosegue Ghiringhelli – che 3 dei 9 membri del comitato saranno candidati alle elezioni (Lorenzo Quadri per la Lega, Roberta Soldati per l’UDC e Edo Pellegrini per l’Unione democratica federale) , ma essi hanno semplicemente accolto il mio invito a far parte del comitato e ci mancherebbe anche che non potessero farlo”.

L’appunto di Ghiringhelli al Gran consiglio ticinese:
“Vorrei anche a ricordare – sottolinea il primo firmatario – che probabilmente questa iniziativa non sarebbe stata lanciata se il Gran Consiglio avesse fatto il proprio dovere e avesse evaso in tempi “ragionevoli” (come richiede l’art. 8 lett. L della nostra Costituzione) la petizione firmata da quasi 3’000 cittadini che avevo presentato già nell’aprile del 2010. In un Paese come il nostro in cui vige la democrazia semidiretta non v’è da stupirsi se quando i politici non fanno il loro dovere a legiferare ci pensano i cittadini”.