Il presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, ha avuto nel tardo pomeriggio una conversazione telefonica con il Leader della Jamahiriya libica, Muammar el-Ghaddafi. A darne notizia è una nota di Palazzo Chigi. Berlusconi si dice allarmato per l’aggravarsi degli scontri e per l’uso inaccettabile della violenza sulla popolazione civile.
L’Unione Europea e la Comunità internazionale dovranno compiere ogni sforzo per impedire che la crisi libica degeneri in una guerra civile dalle conseguenze difficilmente prevedibili, e favorire invece una soluzione pacifica che tuteli la sicurezza dei cittadini così come l’integrità e stabilità del Paese e dell’intera regione.
Durante la telefonata, durata una ventina di minuti e avvenuta dopo il discorsi tv di Gheddafi, Berlusconi ha smentito seccamente a Gheddafi la possibilità – ipotizzata dallo stesso leader libico – che l’Italia abbia fornito armi o razzi ai manifestanti a Bengasi. Secondo quanto si apprende, Berlusconi ha anche ribadito la necessità di una soluzione pacifica all’insegna della moderazione per scongiurare il rischio di degenerazione in una guerra civile.
Da parte sua Gheddafi – riferisce l’agenzia libica Jana – ha rassicurato il premier italiano che nel paese va tutto bene e che la verità sugli eventi la dicono i media libici. “Il fratello leader ha rassicurato durante il colloquio telefonico l’amico Berlusconi che ‘in Libia va tutto bene e il popolo sta garantendo la sicurezza, la stabilità e l’unità nazionale'”, si legge sulla Jana. “Chiunque voglia sapere la verità – aggiunge l’agenzia ufficiale libica – dovrebbe seguire attentamente i media libici e non dare credito alle bugie e all’informazione manipolata, diffusa dagli organi di traditori e corrotti”.
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Un business da 40 miliardi
per la Berlusconi-Gheddafi Spa
Grazie agli investimenti di Tripoli, il Cavaliere si è consolidato nei salotti buoni della finanza italiana. Il Colonnello è uscito dal suo storico isolamento ed ora società del suo Paese accedono alla City di Londra
La premiata ditta Gheddasconi ha una caratteristica tutta sua. Gli affari diretti tra i due sono pochissimi. Anzi, solo uno: Fininvest e Lafitrade, uno dei bracci finanziari di Gheddafi, hanno entrambe una quota in Quinta Communications, la società di produzione cinematografica di Tarak Ben Ammar, l'imprenditore franco-tunisino tra i principali fautori dell'asse Arcore-Tripoli.
In due anni Gheddafi è diventato il primo azionista della prima banca italiana (Unicredit) con una quota vicina al 7% (valore quasi 2,5 miliardi) e grazie allo storico 7,5% che controlla nella Juventus è il quinto singolo investitore per dimensioni a Piazza Affari. Le finanziarie di Tripoli hanno studiato il dossier Telecom, puntano a Terna, Finmeccanica, Impregilo e Generali. Palazzo Grazioli, nell'ambito del do ut des di questa realpolitik mediterranea, ha dato l'ok all'ingresso di Tripoli con l'1% nell'Eni ("puntiamo al 5-10%", ha precisato l'ambasciatore Hafed Gaddur). E la Libia ha allungato di 25 anni le concessioni del cane a sei zampe in cambio di 28 miliardi di investimenti.
Se la SVIZZERA è da lista nera,i badola di che colore sono?
Bell'esempio di copia-incolla. E vecchiotto, per giunta.
Mi ripeto,
Forse qualcuno s'è dimenticato che gli accordi con la repubblica socialista libica, risalgono ancora al periodo della "mazza casalinga di Prodi" che come presidente della commissione europea favorì il ritorno del colonnello libico nel contesto UE, dopo vent'anni.
Il baffetto malefico massimo, molto più comunemente chiamato D'Alema, riusci è persino ad enfatizzare l'evento con un elzeviro del tipo : "questo accordo storico, proietta l'Italia sui (ha proprio detto sui e non nei)mercati del nord Africa.
Fra i tifosi smemorati del re dei re libico vi era appunto il già citato Dini quale premier come pure l'ex ministro Pisanu, il comunista Latorre, il democretino Rutelli, tutti bramosi di sanare il contenzioso con la "Repubblica socialista libica".
Il Carletto (in)Ciampi, dei miei stivali (da Ponte Chiasso a Ragusa) fece poi di tutto e di più, replicando la storia dei Sudeti.
E coi pure il Dini Lambretta, che anticipò allora per ora quello che un capo di governo avveduto (il Silvio non di certo il Lambretta) deve assicurare al paese (approvvigionamento energetico e scambi commerciali aperti).
Insomma un conclave di verginelle figli Maria e Giuseppe, dalla morale "fronte retro" che oggi rinnegano l'ex "compagno" e che si indignano (ex post) apostati dalla ragion di Stato, convertiti all'anti berlusconismo.
La precoce senilità dei citati non deve far loro dimenticare quanto andavano dicendo allora : "La sinistra aveva avviato i rapporti, poi ci siamo lasciati "soffiare" Gheddafi da Berlusconi....".
Il Cavaliere lo ha SOFFIATO, eccome.
Salvo che adesso il caso è diventato un po' imbarazzante.
Soprattutto le foto, i video...
PS. Il petrolio libico si trova IN LIBIA.
Quando il tiranno sarà stato appeso per i piedi
IL PETROLIO SARÀ ANCORA LÌ,
mica scappa.
Appunto,
la Libia,non scappa. Il suo petrolio, il suo gas ed il suo bisogno di rilancio economico saranno appunto ancora li e.........negoziabili, persino per noi.
Ma.......chi ci mandiamo a negoziare?