La crisi in Libia fa temere un aumento eccessivo del prezzo del petrolio. A Londra il Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord, ha superato quota 105 dollari per la prima volta dal settembre 2008, con un rialzo da oltre 2 dollari rispetto a venerdì.
Negli scambi elettronici a New York (oggi Wall Street è chiusa per il President Day), i futures sul West Texas Intermediate, il greggio di riferimento in Nord America, segnano un balzo di 3,37 dollari rispetto alla chiusura di venerdì scorso e toccano 89,50 dollari.
La situazione è critica perché – come commenta Bernard McAlinden, esperto d’investimenti presso NCB Stockbrockers intervistato dall’agenzia Reuters – “La Libia ha riserve di petrolio maggiori di quelle egiziane e vi sono molte incertezze riguardo alle forniture. Ora, i mercati non amano le incertezze.”
Presente in Libia dal 1959, il gruppo petrolifero italiano ENI vede il suo titolo cedere il 4.1% sui timori di impatti alla produzione, mentre il mercato s’interroga sulle future attività del gruppo nell’Africa del Nord.
“Al momento non ci sono problemi agli impianti e alle strutture operative di Eni in Libia – si legge in un comunicato – Le attività proseguono nella norma senza conseguenze sulla produzione. Eni tuttavia sta provvedendo a rafforzare ulteriormente le misure di sicurezza a tutela di persone e impianti.”
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