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Siccità in Amazzonia peggiore delle previsioni


La siccità che nel 2010 ha colpito l’Amazzonia è stata ben più devastante di quella del 2005, sinora considerata la peggiore degli ultimi decenni ed ha sicuramente avuto un impatto sul riscaldamento climatico mondiale maggiore dell’attività industriale e umana negli Stati Uniti . E’ quanto viene rilevato da uno studio congiunto di scienziati americani e brasiliani. Rilevamenti che non hanno mancato di stupire, in quanto si credeva che una siccità come quella del 2005 fosse un fenomeno estremo che accade una volta ogni cento anni.
L’estensione dell’Amazzonia – detta anche Foresta amazzonica – supera i 7 milioni di km², con una zona boschiva che ne occupa circa 5,5 milioni. E’ situata per circa il 65 % in Brasile e si estende in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana e Suriname.

Se una siccità grave come quella del 2005 e del 2010 dovesse accadere con maggiore frequenza, l’Amazzonia, che sin qui ancora svolge la funzione di una spugna che assorbe le emissioni di CO², rischierebbe di diventare una fonte di gas a effetto serra, un fattore che andrebbe ad accellerare il riscaldamento climatico a livello globale.
La siccità dello scorso anno ha causato una penuria di precipitazioni su una superficie di foreste pari a 3 milioni di km², contro una superficie di 1.9 milioni di km² durante la siccità del 2005. La siccità del 2005 era concentrata nel sud-ovest dell’Amazzonia, mentre l’anno scorso il fenomeno climatico ha interessato tre diverse regioni. Diversi grandi fiumi sono evaporati sino a seccare completamente, isolando di fatto migliaia di persone che per i loro spostamenti dipendevano dai trasporti fluviali.

Lo studio prevede che nel 2011 la Foresta amazzonica non sarà in grado di assorbire (come non è stata in grado di farlo nemmeno nel 2010) l’oltre 1.5 miliardi di tonnellate di anidride carbonica dell’atmosfera che abitualmente riesce ad assorbire ogni anno. Inoltre, nel corso dei prossimi anni gli alberi seccati a causa della mancanza d’acqua sprigioneranno nell’atmosfera fino a 5 miliardi di tonnellate di CO².

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Redazione

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